Cerca

Dirigenti comunisti. Reclutamento, selezione e formazione in una regione rossa (1945-1991)

Achille Conti
Roma, Carocci, 223 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

Nella fase attuale della politica, dove cominciano a vacillare le roccaforti rosse in termini di voti e consensi, assume un valore aggiunto l’analisi dei processi di selezione e reclutamento dei quadri dirigenti comunisti in una regione come la Toscana. Dal dopoguerra fino allo scioglimento del Pci, una realtà locale ma centrale come quella toscana diventa un osservatorio interessante su come e quanto le linee direttive centrali siano state recepite in periferia, a conferma o smentita di una simbiosi fra i due piani.
In una scansione temporale convincente che tiene insieme le «fratture» sul piano nazionale e internazionale e i cambiamenti all’interno del Partito, l’a. fa uscire la ricerca dai pur importanti steccati della storia locale per far dialogare contesto nazionale e realtà periferica. Di qui la specificità dello studio che arricchisce il nuovo filone degli studi della storia del Pci, inseriti nel più ampio campo della storia culturale della politica, con un’attenzione ai linguaggi, alla formazione, alle generazioni, ai miti – uno su tutti l’Urss – resistenti o in decadenza. Emerge così il ritratto di un partito che individua nel reclutamento dei dirigenti uno dei capisaldi della propria identità, come capacità di saper scegliere e formare figure capaci e disciplinate e allo stesso tempo come necessità di occupare posti di potere nelle amministrazioni locali. In questo modo, la Toscana funziona da laboratorio dove forgiare i dirigenti migliori, ma si rivela anche la regione dove può capitare che vengano disattese le disposizioni nazionali, con profonde diversità fra le province settentrionali e meridionali.
Più lineare anche in provincia è invece la trasformazione del profilo del quadro di partito che, dopo il primo periodo postbellico affidato soprattutto a operai e mezzadri semianalfabeti come imponeva la visione leninista, si avvia sempre più verso la fase della professionalizzazione della politica con il militante più scolarizzato che diventa funzionario di partito. Un ruolo che, a partire dagli anni ’70 con il progressivo aumento di consensi e iscritti, affida al Pci la guida di sei Regioni, compresa la Toscana.
Per capire l’appannamento della fede rossa dopo il crollo del muro di Berlino, l’a. segnala due episodi specifici della realtà toscana: il primo, il referendum sulla caccia del 1990 con il voto «disobbediente» che impedì il raggiungimento del quorum; il secondo, il consenso tiepido dei rappresentanti toscani alla mozione Occhetto al Congresso del 1991 di fondazione del Pds. Due casi di autonomia locale che dimostrano le crepe all’interno di un ingranaggio non più mosso solo da ragioni ideologiche.
Colpisce la pressoché totale assenza delle donne nel sistema toscano di selezione della classe dirigente dovuta non alla scarsa sensibilità dell’a. per le politiche di genere, ma alla responsabilità del Pci che riserva alla componente femminile uno spazio molto limitato e relegato quasi sempre alle organizzazioni o alle commissioni specifiche.

Anna Tonelli