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Domenico Lijoi – Emigrazione e rimesse nel contesto socioeconomico della Calabria jonica. Il Golfo di Squillace – 2009

Domenico Lijoi
Reggio Calabria, Città del Sole, 290 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il volume è frutto della rielaborazione e dell’approfondimento della tesi di laurea discussa dall’a. presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università «La Sapienza» di Roma nel 1997-98, e riguarda l’emigrazione transoceanica in partenza da 26 piccoli Comuni collinari che si affacciano sul Golfo di Squillace. Del campione, però, fanno parte anche Cutro e Isola Capo Rizzuto, due centri del Marchesato di Crotone, luogo-simbolo del latifondo calabrese, dove in verità la prima grande emigrazione si è manifestata tardivamente e in misura assai più contenuta che altrove (una scelta poco opportuna, tant’è che lo stesso a. osserva comportamenti migratori difformi tra i Comuni del Marchesato e il resto del campione). L’arco cronologico considerato è quello compreso tra gli anni ’80 dell’800 e gli anni ’30 del ‘900, tuttavia l’emigrazione di massa in quell’area della Calabria, nel Catanzarese, ha inizio solo nel ‘900, a differenza delle più precoci spinte migratorie del Tirreno cosentino e del Pollino, che già nel tardo ‘800 spopolavano il territorio. Meta migratoria privilegiata nel campione esaminato, ma anche nell’intera provincia di Catanzaro, sono gli Stati Uniti d’America.Il cuore della ricerca e i suoi risultati più convincenti e interessanti riguardano il fenomeno delle rimesse e l’analisi delle ripercussioni economiche, sociali e culturali del fenomeno migratorio sui luoghi di partenza. Su questo argomento si è intrattenuto dieci anni fa Gino Massullo, con acute riflessioni, nel primo volume della Storia dell’emigrazione italiana edita da Donzelli; tuttavia spesso ci si riferisce ancora alle rimesse e ai rientri in maniera generica e stereotipata. L’a., invece, esamina la questione ricorrendo a dati che documentano in modo inconfutabile il vasto e inedito accesso alla terra da parte degli «americani» di ritorno. Il denaro liquido dei nuovi contadini proprietari si pone alla base di considerevoli mutamenti sociali, che passano attraverso l’espansione dei centri abitati, il miglioramento delle primitive condizioni igieniche, un aumento considerevole dei bassissimi livelli di scolarità e l’affacciarsi di nuovi bisogni, che consentono all’a. di parlare della creazione di una piccola borghesia di origine contadina, laddove lo scenario sociale era stato caratterizzato fino ad allora dal dominio incontrastato di alcune casate.Assai meno convincenti appaiono le interpretazioni di carattere culturale e antropologico; come quando, esaminando la frantumazione delle famiglie determinata dall’emigrazione, l’a. parla di ritorno dell’antico matriarcato magnogreco di Locri; o quando, addirittura, crede di individuare la spinta primigenia all’emigrazione nell’eredità «immateriale» dei coloni greci che s’insediarono nel golfo di Squillace nell’VIII sec. a.C. Queste divagazioni, che hanno a che fare con una nostalgica mitografia, coltivata a lungo dalla cultura e dagli eruditi locali, sono altra cosa, evidentemente, dalla ricerca delle radici di lungo periodo dell’emigrazione di massa d’età contemporanea, che invece va coltivata per dare nuovo spessore alla ricerca.

Vittorio Cappelli