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Domenico Quirico – Generali. Controstoria dei vertici militari che fecero e disfecero l’Italia – 2006

Domenico Quirico
Milano, Mondadori, 411 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2006

«I generali italiani erano grassi». L’incipit dell’ultima fatica di Domenico Quirico si apre con questa constatazione, non entusiasmante per profondità critica, ma rivelatrice di ciò che sarà il volume in seguito: un’ampia rassegna di pettegolezzi, «si dice», qualche frammento di memorie e alcuni giudizi che investono il campo della morale sessuale, dell’onestà contabile e della prestanza fisica tralasciando pressoché completamente discorso sociale, cultura, rapporti tra potere militare e potere politico. Questa ambiziosa «controstoria» dei vertici militari, sospetta già per via del roboante sottotitolo ma apparentemente di un certo interesse per l’oggetto che si propone di analizzare, è in realtà una grande delusione ancora prima di arrivare alla lettura della pagina iniziale. La stessa impostazione dell’indice rivela molto delle intenzioni dell’autore: chi intitola una premessa Strateghi e pagnottisti, e si premura di ricorrere a fantasiose etichette per i capitoli, quali Un eroe con le cambiali, Le cinque giornate alla rovescia o Le lacrime facili del maresciallo, è evidentemente più intenzionato a fare cronaca umoristica che a percorrere le vie della ricerca storica. Il tentativo di prosopografia dell’élite militare unitaria, in un percorso che va dal Risorgimento all’8 settembre, rivela tutte le approssimazioni di una affannosa ricerca dello scoop, o forse del motto di spirito e della battuta lapidaria. Che di situazioni deprimenti, a volte ridicole e persino grottesche, la storia dei militari e delle guerre dell’Italia unita sia densa, non vi è dubbio. Ma una cosa è ricercarne e raccontarne le cause e le dinamiche con la serietà dello storico, tutt’altra è ridurre il rovesciamento delle alleanze dell’Italia nel 1915 ad un Cadorna che «doveva soltanto riscrivere i piani per disintegrare l’Austria. Era come chiedere a un impresario pronto a mandare in scena il Barbiere, all’alzar del sipario, di scodellare l’Aida». Per non parlare dell’ovvietà, e cioè che, come qualsiasi studioso di storia contemporanea italiana sa, l’opzione di una guerra contro l’Austria era ampiamente prevista dall’evolversi delle dottrine strategiche dello Stato maggiore italiano, un riflesso ovvio delle incertezze della politica estera. Ma proprio qui risiede il maggior problema del libro di Quirico: l’aver ignorato una gran parte della letteratura di storia militare italiana degli ultimi (almeno) trent’anni. Nella succinta bibliografia che chiude il volume (pp. 401-4) non appaiono i lavori di Labanca, di Del Negro, di Caforio, di Caciulli, e di Rochat viene annotato solo L’esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini, lavoro sicuramente importante, ma non l’unico da ricordare. Nessuna meraviglia dunque per la povertà di spunti originali e di capacità critica, messi in evidenza da uno stile pomposo, reso più irritante dalla trasparente certezza dell’autore che la narrazione del passato non si fa attraverso ricerche in archivio e buone letture ma ricorrendo al peggior gossip giornalistico. Generali è un’occasione mancata per un tema importante, e un buon esempio di come non si dovrebbe scrivere un libro di storia.

Marco Mondini