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Donato Bosca – La Merica che non c’era. L’utopia della terra promessa nelle storie degli emigranti piemontesi in Argentina – 2002

Donato Bosca
Pavone Canavese, Priuli & Verlucca, pp. 207, euro 16,50

Anno di pubblicazione: 2002

Tra le correnti migratorie transoceaniche che scelsero come meta privilegiata l’Argentina quelle provenienti dall’area piemontese furono tra le più consistenti. Si trattò di flussi fortemente differenziati sia nella composizione sociale sia nei destini migratori. Come ben documenta un numero consistente di ricerche di studiosi italiani e stranieri di cui viene offerto un repertorio bibliografico nel volume pubblicato nel 1999 dalla regione Piemonte, Emigrazione piemontese all’estero. Rassegna bibliografica. Rispetto agli studi esistenti il volume di Donato Bosca si pone in modo eccentrico sia per la metodologia sia per gli esiti della ricerca. Non c’è il rigore scientifico del ricercatore di professione, ma la passione dell’autodidatta che, come un cercatore di tartufi, va alla ricerca di frammenti di ?vite? di emigranti. L’interesse dell’autore è rivolto al recupero della memoria dell’esperienza migratoria dei ceti subalterni piemontesi, in particolare di quelli dell’area del Cuneese. La raccolta di materiali ?del privato? (lettere, memorie, brevi racconti) insieme alle fonti orali (interviste ai protagonisti dell’esperienza migratoria e ai loro discendenti) consente di disporre di uno spaccato a tratti avvincente dell’emigrazione piemontese in Argentina: dai primi nuclei insediati alla fine dell’Ottocento nella provincia di Santa Fè agli ?argentini di ritorno?, le ultime generazioni di immigrati che in tempi recenti tornano dall’Argentina al paese d’origine per sfuggire miseria e violenza.
Dalla ricerca di Bosca emergono profili individuali e familiari dove le vicende migratorie sono le più varie: c’è chi in Argentina ?fa la Merica?, ma sono pochi, e chi lavora duramente per raggiungere livelli di vita di poco superiori alla sopravvivenza. Sono le lettere, più di altre fonti, a documentare le difficoltà della vita quotidiana nel paese di immigrazione e la forza dei legami comunitari con il paese di origine anche dopo molti anni di permanenza all’estero. Alcuni epistolari, presentati in appendice al volume, evidenziano l’importanza della corrispondenza sia nel determinare le catene migratorie e le direttrici dell’esodo, sia nel favorire processi di alfabetizzazione delle culture contadine.
Il volume si presenta più come un’occasione di riflessione sui processi culturali attraverso i quali viene rappresentata l’esperienza migratoria che come una ricerca sulle vicende dell’emigrazione piemontese in Argentina. Il lavoro di Bosca, come altre iniziative di recupero della memoria individuale e familiare delle vicende della Grande migrazione, da un lato conferma l’importanza delle fonti ?del privato? nell’ambito degli studi sui fenomeni migratori, dall’altro sollecita riflessioni sulla rivitalizzazione di culture del ?localismo? come effetto dei processi di globalizzazione in atto nel tempo presente.

Augusta Molinari