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Edoardo Tabasso, Marco Bracci – Da Modugno a X factor. Musica e società italiana dal dopoguerra a oggi – 2010

Edoardo Tabasso, Marco Bracci
Roma, Carocci, 168 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume di Tabasso e Bracci, entrambi sociologi della comunicazione, è una sintesi dedicata ai fenomeni musicali e alla loro connessione con il contesto storico-sociale italiano del dopoguerra. Il testo è organizzato intorno a una periodizzazione convenzionale, all’incirca coincidente con i decenni postbellici: dagli anni ’50 della ricostruzione e del boom economico agli anni ’80 che hanno ospitato il radicale mutamento sociale alla base dell’Italia di oggi. Gli ultimi capitoli arrivano a trattare gli anni più recenti; ma gli elementi di contesto sono assai più radi e predomina l’analisi dell’industria culturale e del consumo musicale.Tra gli aspetti di interesse vi è il tentativo di illustrare le modifiche del gusto e dei consumi culturali, specie dei giovani, e il parallelo sviluppo dell’industria musicale, collocata in un quadro di vincoli e opportunità sempre più globali. È sottolineato il ruolo decisivo delle nuove tecnologie nel formare consumi, identità e pratiche culturali: dal juke-box ai dischi a 33 giri, dal walkman alla digitalizzazione della musica. Molti elementi descrittivi forniscono indicatori sui volumi produttivi e sui generi e i musicisti più affermati. Tuttavia, è proprio l’ambizione del volume, sostenuta già nel sottotitolo, a non venire mai approfondita: ad esempio, i paragrafi iniziali di ciascun capitolo trattano piuttosto superficialmente i temi principali di contesto, senza mostrare un vero uso della letteratura sociologica e storiografica di riferimento. Peraltro, le allusioni teoriche o pratiche ai mondi anglosassoni (luoghi d’origine della popular music, e del suo studio) risultano spesso giustapposte ed estranee alla vicenda italiana. Inoltre, l’analisi del legame musica-società avrebbe avuto bisogno di una più solida base concettuale, e non appare chiaro il meccanismo di relazione e articolazione tra consumi, produzione culturale, culture e movimenti sociali e giovanili (che attivamente usano, decodificano, contestano e si sottraggono al consumo). Ciò comporta, di frequente, affermazioni assertive e idiosincratiche; non a caso tanto più frequenti quanto più la vicenda musicale sullo sfondo giunge a confrontarsi con le soggettività emergenti e con il protagonismo collettivo dei movimenti. Un esempio per tutti, il ’68: «Le contestazioni sessantottine rivelarono il proprio lato carnevalesco e lo psicodramma di una generazione animata anche da un nichilismo fine a sé stesso, riluttante nei confronti dei doveri e orientato al disprezzo dei valori, in nome di un nuovismo di facciata che non lasciava però spazio, nella tensione giusta e ideale, ad alcuna soluzione realistica e pragmatica» (p. 44).Tra le pagine, inoltre, si ritrovano alcuni refusi e veri e propri errori non corretti, si immagina, in fase di cura editoriale: ad esempio si afferma che nel 1960 vi sarebbero stati «20 milioni» di abbonati alla televisione (p. 21), che l’Icmesa di Seveso, sede del grave incidente industriale del 10 luglio 1976, produceva «diossina per diserbanti» (p. 66), e va segnalato che l’mp3 non è un software (p. 139) e un toy boy non è un «giocattolo per ragazzi» (p. 120).

Beppe De Sario