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Eitel Friedrich Moellhausen. Un diplomatico tedesco amico degli italiani (1939-1945)

Donatella Bolech Cecchi
Soveria Mannelli, Rubbettino, 137 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2016

Moellhausen è stato console in Italia durante la seconda guerra mondiale, svolgendo incarichi di un certo rilievo tra il 1943 e il 1945. Fu console generale a Roma successivamente all’8 settembre e, dopo l’arrivo degli alleati in città e il conseguente trasferimento al Nord, divenne collaboratore nonché uomo di fiducia di Rudolf Rahn, ambasciatore del Reich presso la Repubblica sociale italiana. L’a. ricostruisce la carriera di Moellhausen e soprattutto la sua missione in Italia, basandosi sulle memorie scritte dallo stesso Moellhausen dopo la guerra e sulle interviste ai discendenti del diplomatico tedesco, nonché sulle edizioni a stampa dei documenti diplomatici italiani e tedeschi (manca tuttavia un confronto con le fonti d’archivio italiane e tedesche).
Nel corso della sua missione Moellhausen si sarebbe sempre mostrato amico degli italiani, cercando di stemperare la rigidità dell’occupazione tedesca e intervenendo in più occasioni a favore di italiani ed ebrei (italiani e non). In ogni caso, le buone intenzioni e le concrete azioni di Moellhausen non sembrano aver prodotto significative conseguenze a vantaggio della popolazione in occasione dei due episodi più noti e tristi verificatesi nel corso della sua missione romana: il rastrellamento degli ebrei del ghetto (16 ottobre 1943) e le incredibili misure punitive messe in atto dai tedeschi dopo l’attentato dei Gap di via Rasella (23 marzo 1944), che portarono all’eccidio delle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944).
Da un punto di vista prosopografico, la storia ricostruita dall’a. rappresenta un contributo significativo. Una più raffinata comprensione delle dinamiche dell’occupazione tedesca necessita di un’aggiornata e dettagliata mappatura del personale diplomatico tedesco in servizio in Italia tra il 1943 e il 1945. Tuttavia, l’effettivo rapporto tra Moellhausen e l’ideologia nazista poteva essere maggiormente approfondito. L’a. scrive che il nostro protagonista svolse i suoi incarichi senza mai aderire alla Nsdap. Ma durante il Terzo Reich Moellhausen non fu l’unico diplomatico a non essere iscritto al partito e a non mostrarsi fanatico sostenitore della politica del regime. Quale dunque il suo rapporto rispetto alla politica in generale e alla resistenza nazionalconservatrice in particolare? L’a. afferma che Moellhausen «pur non approvando il governo nazionalsocialista, che non aveva servito prima della guerra e non intendeva servire dopo, era deciso a rimanere fedele al suo Paese per tutta la durata del conflitto» (p. 96). Per certi aspetti si tratta di una ben nota immagine, rilevabile in numerose memorie di ex diplomatici italiani e tedeschi in servizio durante i rispettivi regimi, ovvero l’immagine del mondo diplomatico (o di una sua grossa fetta) come protagonista di un atteggiamento di sostanziale «resistenza passiva» nei confronti del regime. Uomini e istituzioni che appaiono coinvolti loro malgrado nei progetti espansionistici e nelle politiche criminali del regime di turno.

Filippo Triola