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Elena De Marchi – Dai campi alle filande. Famiglia, matrimonio e lavoro nella «pianura dell’Olona», 1750-1850 – 2009

Elena De Marchi
Milano, FrancoAngeli, 320 pp., euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2009

Collocandosi al confine tra demografia storica e storia economica e sociale, la ricerca di De Marchi è il frutto di una nuova generazione di studiose/i che nel solco dei lavori di Raul Merzario, Franco Ramella e altri torna a interrogarsi con pazienza e rigore documentario sul rapporto tra agricoltura e manifattura nelle campagne dell’Italia preunitaria.Dopo almeno due decenni di intenso dibattito, dalla fine degli anni ’90 la microstoria e le questioni connesse alla protoindustria hanno perso centralità nella produzione storiografica italiana ed europea. Tuttavia, il rinnovato interesse verso le condizioni di vita dei ceti popolari del Centro-nord Italia tra XVIII e XIX secolo (cfr. gli studi recenti di Paolo Malanima e Brian A’Hearn) ha contribuito a riportare l’attenzione su un tema di grande rilievo: gli effetti sulla vita della popolazione rurale dei mutamenti introdotti da un ceto emergente di proprietari borghesi nella conduzione delle terre, tramite la revisione dei contratti agrari e il potenziamento della gelsibachicoltura.Il territorio preso in considerazione è uno spicchio della provincia milanese – la fertile pianura asciutta attraversata dal fiume Olona – che conserva a lungo una vocazione prevalentemente rurale a differenza dell’Altomilanese (Legnano, Busto Arsizio, Gallarate) dove già all’inizio dell’800 si sviluppa una moderna industria cotoniera. Per ricostruire geografia, demografia, assetti proprietari, strutture familiari e forme di divisione del lavoro che caratterizzano tra ’700 e ’800 questo lembo di provincia densamente popolato, l’a. si serve di un’ampia gamma di fonti (censuarie, anagrafiche, catastali, fiscali, contabili), privilegiando un approccio microanalitico al fine di verificare che cosa spinge i contadini di una campagna produttiva e rigogliosa, in particolare le giovani donne delle famiglie di massari e pigionanti, a dedicarsi alla trattura della seta e con quali ricadute economiche, sociali e demografiche sulla vita delle comunità.Sono molti gli indicatori (mortalità infantile, morbilità, regime alimentare, età al matrimonio e stagionalità delle nozze, diffusione del baliatico) analizzati dettagliatamente nei sette capitoli in cui si articola il volume, che avvalorano anche per la pianura dell’Olona la tesi dell’impoverimento delle masse rurali nel passaggio dall’età delle riforme alla Restaurazione. D’altra parte, le innovazioni in materia di patti colonici e orientamenti colturali imposte ai contadini da I nuovi proprietari – sintetizzate nel terzo capitolo dalle vicende familiari-imprenditoriali dei Milesi e dei Delachi, proprietari di terre e filande – non sembrano capaci di avviare una trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura né del setificio. Da questo punto di vista, avrebbe giovato al volume un confronto più serrato con la modernizzazione periferica dell’Altomilanese studiata da Roberto Romano e con le dinamiche economiche e demografiche di altri territori investiti dallo sviluppo di manifatture rurali come le campagne urbanizzate della Toscana e del Veneto.

Monica Pacini