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Elena Rambaldi – Rotary International, a «Brotherhood of Leadership». Il caso italiano tra fascismo e primi passi della Repubblica – 2006

Elena Rambaldi
Roma, Carocci, 383 pp., euro 37,20

Anno di pubblicazione: 2006

Rielaborazione di una tesi di dottorato discussa all’Università di Roma Tre nel 2003, questo volume si presenta come una solida ricerca condotta su una documentazione vasta proveniente da archivi italiani, ma soprattutto stranieri. Questo di Rambaldi è anche, fatta eccezione per alcuni interventi di Romain Rainero e di Mariuccia Salvati, il primo studio non celebrativo o autocelebrativo su quest’associazione importata dagli Stati Uniti in Italia all’inizio degli anni ’20 e sopravvissuta, con alterne vicende e caratteristiche, fino ai giorni nostri. Il lavoro di Rambaldi si concentra su due periodi, quello della nascita e dell’affermazione dell’associazionismo rotaryano in Italia (1925-1938), cui è dedicata la prima parte, e quello della sua rinascita negli anni della ricostruzione (1948-1958) che occupa la seconda di dimensioni più ridotte. Nei cinque capitoli in cui il libro è articolato, Rambaldi racconta innanzitutto le origini dell’associazione in America e le vicende che portarono all’istituzione dei primi club in Italia; tocca poi i nodi del complesso e contraddittorio rapporto tra il Rotary e il fascismo, un rapporto fatto di intese e convergenze ma anche di crescenti diffidenze e contrasti, alimentati anche dall’ostilità della Chiesa cattolica, che sfociarono prima nella perdita dell’autonomia e poi, nonostante l’allineamento dell’associazione al regime e la collaborazione tra ceti produttivi (quelli principalmente rappresentati nei club sembrerebbe, anche se manca un profilo dettagliato e socio-professionale degli affiliati) e fascismo, nella sua chiusura, decretata nel 1938; affronta infine i problemi della rinascita dell’associazione e della sua collocazione nel contesto dell’Italia repubblicana e di un rinnovato rapporto tra Italia e Stati Uniti. L’interesse della vicenda sta innanzitutto nel suo essere un pezzo di una storia più ampia, quella dell’americanizzazione della società e della cultura europee nel corso del XX secolo come dimostra in un suo recente lavoro Victoria de Grazia. Questo aspetto tuttavia resta ai margini del discorso, mentre la ricerca, spesso sovrastimando il ruolo dell’associazione nell’indirizzare le scelte dei suoi soci, rilegge da un punto di vista particolare la complessa vicenda delle relazioni tra gruppi produttivi, innovazione economica, trasformazioni del mercato e regime fascista. In questo senso l’introduzione del Rotary in Italia ? e in Europa ? è sì il risultato di quello sforzo americano di «proiettare l’immagine della propria potenza all’estero» (p. 74), ma anche un tentativo di istituire un canale di comunicazione tra élite americane ed europee sulla cui riuscita si potrebbero avanzare alcuni dubbi e che sicuramente il fascismo interrompe. Resta in verità da dimostrare quanto il Rotary abbia contribuito a fondare e diffondere una nuova etica degli affari e non si sia invece trasformato nell’ennesimo network di relazioni conviviali esclusive. Sicuramente, la sua costituzione ha rappresentato una nuova tappa nel processo di nazionalizzazione delle élite italiane e nella formazione di un associazionismo di interessi che supera la scala cittadina e provinciale delle forme prebelliche di socialità.

Daniela Luigia Caglioti