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Elena Savino – La diaspora azionista. Dalla Resistenza alla nascita del Partito radicale – 2010

Elena Savino
Milano, FrancoAngeli, 367 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2010

L’a., più che la storia della galassia azionista, ripercorre l’itinerario politico e di ricerca di Aldo Garosci, Leo Valiani e Carlo Ludovico Ragghianti, tre figure esemplari del modo in cui venne vissuto l’assillo tutto novecentesco della «separazione impossibile» tra politica e cultura, come ebbe a dire nel 1966 Eugenio Garin a proposito di Croce. Il loro percorso di vita, fin dalla giovinezza, assommò all’immersione nell’antifascismo attivo – fossero esuli come Garosci, militante di Giustizia e Libertà, e Valiani, comunista prima di approdare a Gl, o resistenti all’interno come Ragghianti, uno dei tessitori della trama che condusse alla fondazione del Partito d’Azione – l’impegno professionale di storico, sia pur in tempi e in campi diversi. L’a. ne segue il percorso dal ruolo dirigente nella Resistenza alla collaborazione con «Il Mondo» di Mario Pannunzio e alla nascita del Partito radicale, vissuto come l’esito della lunga ricerca della «terza forza» e invece sanzione, con la crisi distruttiva alla vigilia del centro-sinistra, del suo definitivo fallimento.Ancora una volta viene da interrogarsi sulla natura del Partito d’Azione, la forza dalla breve esistenza su cui si sono scritte innumerevoli pagine. Savino ne sposa la visione di soggetto nel quale confluirono eresie liberali e socialiste, con l’aspirazione a costruire il socialismo liberale su cui aveva riflettuto Carlo Rosselli e il più tardo liberalsocialismo che da Guido Calogero giunse a Norberto Bobbio. Anche questo libro, che prende in considerazione non solo gli archivi e la corrispondenza di Valiani, Garosci e Ragghianti, ma anche la loro ricca scrittura saggistica, induce a chiedersi se la specificità del Partito d’Azione non fosse nell’ambizione di offrire una strategia alla nascente Italia democraticamente pluralista, indicando insieme un modello di partito alternativo ai partiti di massa. Era la qualità della democrazia e della sinistra a metà secolo la questione posta dagli azionisti: ritenevano le forze che storicamente la sinistra aveva espresso residui del passato o una fuga rispetto al presente. Il trionfo dei partiti di massa era in linea con quanto avveniva nei principali paesi europei: ciò che in Italia non emerse, nonostante i diversi tentativi che l’a. ricostruisce con minuzia, fu una significativa forza depositaria di una cultura liberale fattasi compiutamente democratica e sociale, espressione di un approdo secolarizzato al politico, del quale il Partito d’Azione fu il primo originale prodotto. Da esso promanarono dirigenti politici e intellettuali di primo piano. Perseguirono questo disegno cercando innanzitutto di imprimere nuova linfa alle culture delle forze organizzate della sinistra, nelle quali confluirono o che fiancheggiarono. Erano sopravvivenze del passato? Contenevano i germi del futuro? È certo che non si costruì, quando era storicamente possibile, una forza omogenea che aiutasse a scalare le Alpi per approdare definitivamente all’Europa e alla sua compiutezza democratica. E, nel sistema dei partiti, con gli anni ‘80 si esaurì anche l’importante influenza esercitata dalla cultura azionista.

Paolo Soddu