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Emilia Scarcella – Storici e storia in Italia tra Ottocento e Novecento – 2010

Emilia Scarcella
Soveria Mannelli, Rubbettino, 238 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2010

L’attitudine teorica della cultura filosofica italiana del secondo ‘800 ebbe i suoi riflessi più proficui nella riflessione sulla storia, divenendo progressivamente una delle questioni principali della indagine di filosofi e di riflesso anche di alcuni studiosi di storia. Partendo da questa tesi di fondo l’a. esplora analiticamente lo sviluppo del dibattito che, tra la metà ‘800 e i primi del ‘900, si divise fra hegelismo e positivismo. Strutturato in quattro capitoli, il volume ha un andamento diacronico. Sebbene, a volte, presenti una certa difficoltà ad enucleare sinteticamente le ipotesi di fondo dei singoli capitoli, il libro offre diversi spunti di riflessione e offre un quadro d’insieme di grande interesse. L’a., che si è già confrontata in diversi saggi con tematiche analoghe, analizza alcune figure chiave che approfondirono la riflessione sulla storicità della realtà. La revisione interna all’idealismo e l’evoluzione della riflessione sullo statuto della storia è indagata attraverso i percorsi teorici di Bertrando Spaventa, Francesco De Sanctis, Francesco Fiorentino e Felice Tocco. In conclusione al primo capitolo, si osserva come più di altri Tocco riuscì a proseguire in maniera originale «quell’intento di valorizzazione della storicità come processo sintetico mediato, che aveva avuto in Spaventa la prima e più compiuta espressione» (p. 68). Da questo momento in avanti, secondo l’a., il corso della filosofia italiana non fu più disgiunto dalla vicenda storiografica italiana. Il volume procede quindi con una esplorazione delle influenze che sull’idealismo ebbero la costruzione culturale e politica della nazione. Centrale, da questo punto di vista, fu la lezione di Pasquale Villari, al quale è dedicato tutto il secondo capitolo. Lo studioso caratterizzò «in senso kantiano il proprio lavoro di storico e di teorico della storiografia, puntando le sue energie sull’affinamento degli strumenti per il lavoro di fondazione di una “architettonica” della metodologia storiografica» (p. 93). Per queste ragioni, lo storico recuperò il pensiero di Vico. Villari fondò una nuova «filosofia» della storia non disgiunta dalla volontà di costruire in Italia una vera e propria professione storica sia tramite la discussione sulla scientificità della disciplina sia attraverso la pratica e l’insegnamento (p. 89). Il terzo capitolo investiga il dibattito sulla storia in Italia nella seconda metà dell’800 attraverso l’analisi del pensiero di Niccola Marselli e Giuseppe de Leva e di una corrente «antifilosofica» facente capo a Bartolomeo Malfatti, il quale inglobava l’ambito storiografico entro l’etnografia «espugnando le aspettative di specificità e autonomia» delle indagini storiche (p. 159). Il volume si conclude analizzando la riconquista labriolana della storicità e la genesi della storiografia economico-giuridica attraverso le vicende intellettuali di Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe per cui l’insegnamento di Villari continuò ad incidere in maniera significativa dando vita all’attenzione salveminiana per la questione sociale e all’interesse tutto volpiano per la discussione intorno al ruolo della nazione.

Margherita Angelini