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Emma Scaramuzza – La santa e la spudorata. Alessandrina Ravizza e Sibilla Aleramo. Amicizia, politica, scrittura – 2004

Emma Scaramuzza
Napoli, Liguori, pp. 294, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il volume di Emma Scaramazza ricostruisce la storia di un ambiente, quello della filantropia che si fa politica, tipico dell’emancipazionismo di inizio secolo, e ricompone l’affresco frammentato di una città, Milano, che di quell’ambiente fu laboratorio sperimentale. Descrive nel contempo la tensione che contraddistinse le protagoniste di allora, legate ad una dimensione quasi vitalistica della politica, in cui l’attività filantropica era ancorata alla convinzione morale che solo attraverso la cultura del fare si potesse costruire una ?Terza Italia?.
Organizzazione e volontariato sociale, in queste donne, disvelavano un legame fortissimo fra sfera pubblica e personali scelte di vita. Ed è questo a legare due donne come Alessandrina Ravizza e Rina Faccio. Sono apparentemente diversissime, l’una filantropa e repubblicana, di origine russa, figlioccia di Laura Solera Mantegazza e di lei seguace: una filantropa senza istinto per la carità, ma con il pratico istinto di chi si rese famosa istituendo cucine per i poveri attraverso il canale attivissimo della beneficenza; l’altra reduce dalla scelta radicale di abbandonare marito e figlio per diventare, da Rina, Sibilla. La Ravizza fu sempre abilissima ad attivare reti di solidarietà per le proprie iniziative, e ancor più abile nell’ampliare tali iniziative trasformandole in progetti ambiziosi sempre riusciti: allegò la ?sua cucina? ad un ambulatorio medico e a una sala per convalescenti ove accogliere i dimessi anzitempo. E come avveniva in quell’ambiente in cui politica e pratica si affiancavano, il medico dell’ambulatorio era Anna Kuliscioff. Vite che si intrecciano, come si intrecciano con quella di un’altra protagonista della Milano di allora, Ersilia Majno, fondatrice dell’Asilo ?Mariuccia? e amica di entrambe, un’altra donna che aveva affiancato all’attivismo sociale la militanza emancipazionista.
Donne come queste, che educavano altre donne a diventare autonome e ad acquistare autostima, non potevano non tessere reti di relazioni fortissime. E la relazione che si instaura fra Alessandrina e Rina è subito fortissima, anche perché la più giovane, nel momento in cui conosce la Ravizza, è in cerca di modelli femminili con cui confrontarsi, modelli di autosufficienza e di ?eroismo femminile?. Un eroismo che Sibilla trasforma in una personale interpretazione del femminismo (in quello che è senza dubbio il capitolo più bello del libro, il nono) quando, nel 1911, scrive Apologia dello spirito femminile per il «Marzocco»; la Aleramo caldeggia, in letteratura ma forse anche nella vita, il ?femminismo spirituale?, termine che porta con sé una riflessione sulla scrittura sessuata, sull’intuizione come veicolo della creatività che, una volta riconosciuta, porterà al compimento di ?una nuova forma di classicità, una scuola e una tradizione d’arte femminile, un accrescimento generale di civiltà? (p. 215).
Comincia così la sua evoluzione da scrittrice femminista a scrittrice ?femminile?, a vociana, così come la sua determinazione estetica a vivere le passioni e l’arte senza soluzione di continuità, sorretta da quella che lei stessa chiama ?energia femminile?: la sensualità e la fisicità come linguaggio.

Simona Urso