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Enrica Asquer, Maria Casalini, Anna Di Biagio, Paul Ginsborg (a cura di) – Famiglie del Novecento. Conflitti, culture e relazioni – 2010

Enrica Asquer, Maria Casalini, Anna Di Biagio, Paul Ginsborg (a cura di)
Roma, Carocci, 273 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il libro usa la famiglia come «lente privilegiata» della storia del ‘900 (p. 9). Ginsborg indaga le connessioni tra famiglia, società civile e Stato in vista di un possibile circolo virtuoso tra famiglie non chiuse nel privato; individui consapevoli; società civile pluralista; Stato democratico capace di legare individui e famiglie a istituzioni e società civile. Matteo Baragli analizza tali connessioni nel caso delle famiglie mezzadrili toscane protagoniste, in un difficile rapporto con le gerarchie ecclesiastiche, dei moti «bianchi» del 1919-20. Anna Scattigno indaga altri aspetti dell’approccio cattolico alla famiglia alla luce dell’Igiene del matrimonio di G. Cattani (1925), che apriva all’eugenetica e vedeva nel matrimonio alieno da pratiche neo-malthusiane un fattore di sicurezza per lo Stato.Spostando lo sguardo fuori d’Italia, Ayse Saraçgil esamina il passaggio dall’Impero ottomano alla Repubblica kemalista, che introdusse riforme radicali (voto alle donne, divieto di poligamia) ma non scalzò paternalismo e autoritarismo. Anna Di Biagio ricostruisce la trasformazione della famiglia, nell’Urss degli anni ’30, con l’elaborazione del culto di Stalin come patriarca, da sopravvivenza del passato a fattore cruciale, anche grazie al pronatalismo, del consolidamento statale. Marcella Simoni contrappone il rifiuto della famiglia tipico dei kibbutz prima della nascita di Israele alla sua valorizzazione dopo il ’48, in particolare nel caso degli ebrei arabi, utili allo Stato per l’alta fecondità ma oggetto di una dolorosa de-arabizzazione.Tornando all’Italia, Maria Casalini indaga, per gli anni ’50, le famiglie comuniste nelle quali l’adesione al Partito si ereditava. Per gli attivisti, influenzati dalla «controriforma» staliniana, farsi una famiglia era d’obbligo; non così occuparsene, vista la priorità della militanza. Nei rapporti di genere ufficialmente dominava un certo tradizionalismo, ma apparivano fermenti nuovi e i comportamenti dei dirigenti erano lontani dal puritanesimo ufficiale. Nella base, invece, il persistente perbenismo portava spesso ad andare a messa e battezzare i figli. La posizione della Chiesa, dal Vaticano II a Wojtyla, su controllo delle nascite e divorzio è ricostruita da Bruna Bocchini Camaiani. Paolo VI bloccò le aperture della fase conciliare e Giovanni Paolo II ribadì un rigore sempre più estraneo ai credenti. Se negli anni ’60-70 ci fu una rivoluzione dei costumi, rotture profonde caratterizzarono anche tranquille famiglie borghesi, come ricorda Asquer ricostruendo le culture domestiche di due gruppi di famiglie, a Milano e Cagliari. In modo speculare, la comune di Ancona, nata nel 1977, studiata da Sofia Serenelli Messenger, appare meno rivoluzionaria del previsto. La presenza di coppie stabili, chiuse, in parte imparentate, la avvicina infatti alle tradizionali famiglie mezzadrili marchigiane.Metodologicamente sfaccettato, il volume offre uno sguardo ampio dal punto di vista cronologico, geografico e tematico. Soprattutto nella prospettiva di proporlo agli studenti sconta, tuttavia, la mancanza di una conclusione – pur interlocutoria – che dia senso complessivo al ricco percorso svolto.

Raffaella Sarti