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Enrico Pozzi (a cura di) – Raccontarsi sui confini. Crisi, rotture, esili di studiosi irregolari – 2002

Enrico Pozzi (a cura di)
Roma, Carocci, pp. 188, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2002

Nel lungo e vivace cammino percorso dal Laboratorio di storia ? il seminario interdisciplinare coordinato da Sergio Bertelli ? questo libro rappresenta a mio parere una specie di passo falso. Osserva il curatore Enrico Pozzi che “questo progetto ha portato il Laboratorio sull’orlo della sua fine. Il negoziato difficile tra narrarsi ed essere narrati ha generato strategie di difesa, resistenze e rifiuti di ogni genere: alcuni sono scomparsi (ad esempio chi aveva proposto questo progetto di lavoro…), altri hanno promesso senza fine storie di se stessi mai pervenute, altri ancora hanno accettato di raccontarsi ma non di scrivere. Spesso scendeva nelle riunioni un clima depresso e stanco, si ruminava senza fine sulla fine del gruppo” (p. 11). E si capisce! Chi ha promosso questo libro ha commesso, prima di filarsela, una grave leggerezza. Ha provocato uno sfogo di narcisismo in otto studiosi (Vittorio Franchetti Pardo, Sergio Bertelli, Ester Fano, Giovanni Bechelloni, Giuliano Crifò, Ottavia Niccoli, Pietro Clemente, Maria Grazia Messina) che hanno finito per accettare, bon gré mal gré ? mentre altri, come si è visto, si sganciavano dall’impresa ? di raccontarci, in ordine sparso, i libri che hanno letto da piccoli; le persone (molto importanti) che hanno conosciuto; i premi ricevuti; gli esaltanti viaggi di studio compiuti; quanto erano bravi i loro Maestri e quanto colti e interessanti i loro più stretti parenti; parecchie scoperte scientifiche fatte; più una serie di fatti privati (fratelli, figli, famiglia ecc.). Affiora qua e là qualche dubbio sull’utilità di queste rievocazioni, qualche pentimento, qualche tentativo di ironica riparazione. Crifò ad esempio prende a prestito dai corvi di Dumbo il titolo della sua narrazione: “ne ho viste cose da raccontar/giammai elefanti volar”. Ma subito riprende il fiume in piena dei ricordi. Naturalmente sono narrazioni in cui i pieni e i vuoti, per dir così, sono distribuiti in modo parecchio diseguale. Si sospettano aggiustamenti e omissioni. Ma il curatore non dà al lettore notizie indipendenti su questi “chierici meticci” ? come li chiama ? nemmeno le date di nascita. Restano quindi sulla scena, nude e crude, le loro storie di vita. Che a tratti si è portati a seguire con interesse e simpatia, perché sono confessioni sincere, alcune movimentate, drammatiche (Bertelli e Fano sulle Fosse Ardeatine); ma poi l’orientamento prospettico comune delle storie (“come siamo diventati studiosi irregolari e interdisciplinari”) irrita e delude. Inutile cercare lumi nell’Introduzione, la cui lettura è da sconsigliare.

Massimo Mastrogregori