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Enzo Pagura – Condizioni di lavoro e sanità a Pordenone nella prima metà del XIX secolo – 2007

Enzo Pagura
Udine, Istituto friulano per la storia del movimento di Liberazione, 159 pp., Eu

Anno di pubblicazione: 2007

Esito di una ricerca archivistica di oltre due anni, il volume di Enzo Pagura delinea in otto agili capitoli la storia della città nei suoi aspetti sociali, economici, demografici e sanitari. La periodizzazione esamina una doppia scansione temporale. Gli ultimi anni dell’epopea napoleonica, con i perturbamenti giuridico-amministrativi riverberatisi in loco; ed il trentacinquennio del dominio austriaco compreso tra 1814 e 1848, «periodo di pace e di sviluppo» (p. 27) per Pordenone, ascesa in quegli anni a rilevante centro industriale grazie all’espansione della produzione tessile e alla parallela crescita demografica.L’indagine, compilativa e non strutturata organicamente da un filo rosso interpretativo, ma ricca di dati e notizie, traccia, scrive l’a., «un’immagine inconsueta di Pordenone» (p. 5).Degni di nota appaiono i capitoli centrali del volume. Il quinto, con la descrizione delle condizioni di vita e lavoro dei poveri urbani – condizioni durissime, che l’a. tende ad associare ad una popolazione proto-operaia dipinta come eccessivamente disarmata di fronte alle logiche del profitto. E, soprattutto, il quarto, ragguaglio delle attività artigianali e industriali sorte nell’800. Sono questi paragrafi a riconfermare il ruolo trainante per la vita locale dell’industria tessile, prosperata grazie alla particolare abbondanza delle fonti d’acqua. Dai 100/200 addetti in forza nel periodo pre-1839, si perverrà agli oltre mille operai dei decenni successivi, occupati in processi produttivi basati sull’utilizzo di scala dei macchinari. I cotonifici, osserva Pagura, «non erano solamente centri di produzione di beni commerciali, ma motore del progresso sociale e civile del territorio» (p. 57). Scuole professionali, associazioni culturali, circoli di lettura, biblioteche circolanti, cooperative di consumo, istituzioni assistenziali, furono l’effetto riflesso ma non secondario della distruzione creatrice del moderno capitalismo. La nascente fabbrica fornì inoltre «alla collettività per oltre 50 anni tutta una serie di servizi che l’Amministrazione comunale non era in grado di dare»: dal soccorso antincendio al tram, fino alla pubblica illuminazione (p. 57).In piena scia weberiana le note dedicate ai fondatori dei nuovi opifici. Il capitale iniziale dell’impresa fu precisamente fornito «da industriali di origine svizzera», luterani provenienti da Trieste (p. 52); mentre «dirigenti e tecnici erano di confessione protestante» (p. 53), membri di una vivace comunità straniera installatasi nel quartiere Torre.Punti forti del contributo di Pagura sono l’ampiezza dello scavo archivistico e la silloge di testi in chiusura di volume. Alla documentazione in nota, l’appendice aggiunge materiale di pregevole interesse, come la relazione del medico condotto Bearzi sull’epidemia di colera del 1836. Punto debole, probabilmente, il gusto per un’erudizione localistica prudente nel connettere i differenti piani descrittivi in una narrazione contestualizzante la storia della città entro le più ampie dinamiche europee.

Andrea Scartabellati