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Enzo Traverso – A ferro e fuoco. La guerra civile europea 1914-1945 – 2007

Enzo Traverso
Bologna, il Mulino, 273 pp., Euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2007

A ferro e fuoco ripercorre il periodo 1914-45 rileggendolo alla luce di una categoria contrastata e ampiamente dibattuta negli ultimi anni, quale quella di guerra civile. Il percorso scelto da Traverso si vuole all’incrocio di diversi metodi e chiavi di interpretazione, tra storia sociale, storia culturale e teoria politica. La tensione analitica non basta però a spiegare le motivazioni di questo libro, come l’a.: Traverso racconta infatti sia pur brevemente nell’introduzione quale sia la storia – la sua storia, tra Gavi in Piemonte e le sue scelte politiche nell’Italia degli anni ’70 – che lo ha portato a scrivere di queste vicende e allo stesso tempo si giustifica per aver scelto di parlare anche degli orrori e delle violenze di cui anche antifascisti, repubblicani spagnoli, partigiani si sono macchiati, senza per questo volerli in qualche modo equiparare con altri orrori ed altre violenze di quegli anni. Una scelta che fa apparire questo libro un punto di arrivo etico-politico per l’a. e un tentativo di fare i conti con una vicenda che è anche propria.Il libro si snoda attraverso otto capitoli, nei quali trovano spazio in particolare la ricostruzione delle forme e delle pratiche della violenza parallelamente alla questione degli immaginari e delle culture che aprono la strada alla violenza. Questa scelta corrisponde all’enfasi, già enunciata in apertura, di non voler costruire un libro dalla parte delle vittime – categoria diventata centrale soprattutto nel dopo guerra fredda – ma soprattutto sugli attori, a prescindere dalle loro posizioni politiche, ma analizzando le loro pratiche politiche, le motivazioni e le culture che li accompagnano. In qualche modo questa scelta, che pure avviene in un contesto in cui l’a. rifiuta una lettura del ‘900 come secolo dell’orrore o della violenza, mette però al centro della narrazione proprio questi temi, pur contestualizzandoli. Culture, memorie, fantasie, pratiche appaiono legate assieme e fanno parte di un universo nel quale però sono gli intellettuali prima ancora che i politici i protagonisti della narrazione. L’enfasi sui meccanismi della violenza – siano essi culturali o tecnici – fa di questo libro quasi un prolungamento di un altro libro di Traverso, La violenza del nazismo (Bologna, il Mulino, 2002), che rappresenta uno dei punti di riferimento obbligati per chi, in questi anni, si voglia avvicinare al problema della violenza nell’Europa – e non solo nella Germania – degli anni ’20 e ’30. Diversamente da La violenza del nazismo tuttavia, la scelta di aprire l’attenzione a tutto il trentennio permette all’a. di fare i conti con una serie di problemi che hanno a che fare anche con la memoria del periodo e con gli effetti che determina – tanto nel campo della destra che, soprattutto, della sinistra -, e di riflettere soprattutto sul mancato riconoscimento degli intellettuali antifascisti dei crimini perpetrati dallo stalinismo, come pure sulla rimozione, altrettanto duratura, e per certi versi ancora più enigmatica, della soluzione finale portata avanti dal nazismo nei confronti soprattutto del popolo ebraico.

Giulia Albanese