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Eric Vial – L’Unione populaire italienne 1937-1940: une organisation de masse du parti communiste italien en exil – 2007

Eric Vial
Roma, Ecole Française de Rome, 461 pp., Euro 51,00

Anno di pubblicazione: 2007

L’ampio volume di Vial presenta, ben elaborati ed esposti con chiarezza, i risultati di un’approfondita ricerca sull’Unione popolare italiana (UPI), l’organizzazione per i lavoratori italiani emigrati in Francia promossa dal Partito comunista italiano tra il 1937 e il 1940. La ricostruzione è basata prevalentemente su fonti d’archivio, sia italiane che francesi (provenienti soprattutto, per l’Italia, dall’Archivio Centrale dello Stato, dall’Archivio del Ministero degli Esteri e dall’Archivio del PCI, e, per la Francia, dagli archivi dipartimentali e municipali di varie località), e su fonti a stampa, a partire dallo spoglio accurato dell’organo dell’UPI, «La Voce degli italiani», strumento di grande importanza per l’organizzazione. Uno scavo così approfondito della documentazione (reso possibile anche dalla ormai ventennale consuetudine dello studioso con le fonti dell’antifascismo italiano) ha permesso a Vial di presentare una ricostruzione davvero a tutto tondo dell’UPI, in cui gli intendimenti programmatici e le parole d’ordine dell’organizzazione, ben connessi con il contesto generale della seconda metà degli anni ’30 – in particolare con la Francia del Fronte popolare, con la politica del PCI e del PCF, con le problematiche dell’emigrazione italiana, con le vicende dell’antifascismo -, sono poi sottoposti a verifica attraverso la ricostruzione dell’azione concreta dell’UPI. Quest’ultimo mi pare l’aspetto di maggior interesse e novità: le vicende dell’UPI sono mostrate anche nella concretezza del suo agire nel territorio, mediante l’analisi delle iniziative realmente messe in opera dalle sue sezioni locali. Le parole d’ordine dell’apoliticità e dell’apertura verso tutti, indistintamente, i lavoratori italiani, non escludendo quelli legati alle organizzazioni fasciste, acquistano così spessore concreto nell’importanza che le iniziative di carattere assistenziale, non connotate politicamente, assumevano nel quadro complessivo dell’operato dell’Unione. Riflesso della politica di «riconciliazione nazionale» voluta all’epoca dal PCI, l’UPI appare il risvolto, nell’emigrazione, della strategia dell’entrismo nelle organizzazioni fasciste tentata in Italia: entrambe iniziative tese a recuperare un rapporto diretto con le masse popolari, nonostante la forte presa esercitata su di esse dal fascismo. Colpisce, in tal senso, l’analogia tra alcune attività dell’UPI e quanto allora facevano in terra straniera i consolati italiani e i Fasci all’estero per attirare i connazionali: si veda l’esempio emblematico del tentativo di creare delle Case degli italiani (a fronte delle fasciste Case d’Italia o Case del Fascio). E assai significativo mi pare anche il tentativo dell’UPI di entrare in contatto con gli italiani di passaggio in Francia, per raccontar loro qualcosa di diverso da quello che potevano ascoltare in Italia. Mi sembra perciò condivisibile l’accenno di Vial a una possibile influenza dell’esperienza di una «organizzazione di massa» quale l’UPI aveva teso ad essere sulla trasformazione del PCI in partito di massa a partire dalla Resistenza.

Benedetta Garzarelli