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Ester Capuzzo – Gli ebrei nella società italiana – 1999

Ester Capuzzo
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 1999

Il libro di Ester Capuzzo è una raccolta di brevi saggi sulla condizione giuridico-istituzionale delle comunità ebraiche nell’Italia contemporanea. L’arco temporale corre dall’età napoleonica al fascismo soffermandosi sulle tappe fondamentali del processo di emancipazione. L’ambizione del volume è quella di evidenziare il rapporto, ricco e carico di ambiguità, che lega la compagine ebraica alla società nazionale. La chiave di lettura non è nuova: essa disegna un percorso circolare della storia ebraica, che parte dalla segregazione per tornare, dopo aver conosciuto l’esperienza civile e politica dell’integrazione, alla discriminazione operata dalle leggi razziali. La conquista della piena uguaglianza giuridica determina, all’interno di questo circuito, una profonda frattura con il vissuto istituzionale, sociale e culturale della clausura alterando l’intensità e la qualità dei legami collettivi. Le pagine più interessanti del libro sono costruite intorno a questa convinzione, che porta a privilegiare le componenti ideologiche, politiche e normative dell’emancipazione.
L’interpretazione avanzata dall’a. ripropone, in chiave più complessa, la tesi “risorgimentista” della “nazionalizzazione parallela”: la necessità di ripensare la condizione giuridica e sociale della minoranza emerge contestualmente alla formulazione di un nuovo concetto di individuo e di cittadinanza, che implica l’annullamento delle forme di autonomia corporativa che sancivano identità separate e collettive formalmente definite. Nell’idea dell’a., la costruzione dello Stato nazionale costituì, per gli ebrei, la via d’accesso alla piena uguaglianza dei diritti e – fatalmente – lo sfaldamento di un’identità ebraica collettivamente intesa. Più tardi il fascismo sovvertirà i cardini ideali e formali che avevano sorretto l’inserimento della minoranza ebraica nel tessuto della nazione, annullando lo spontaneismo associativo delle comunità ottocentesche a favore di comunità nuovamente corporate definite dall’appartenenza religiosa e razziale. Il cerchio si chiude generando nuove, e forse insanabili, lacerazioni.
Utile e rigorosamente documentato, il libro, complessivamente, non convince. La società, l’altro polo della diade richiamata nel titolo, rimane sullo sfondo, affiorando solo a tratti nella narrazione. Nella sostanza, l’analisi dei rapporti fra società italiana e minoranza ebraica rimane confinata al piano dei rapporti politico-istituzionali, che sono descritti con efficacia e competenza. Per il resto si fissa sulla partecipazione ebraica e italiana al Risorgimento seguendo i canoni di una lettura agiografica e “patriottica” elencatrice di eroi. In questa luce il nesso fra i cambiamenti normativi e i cambiamenti più ampiamente culturali e sociali appare inevitabilmente sfocato: il libro di Capuzzo lo evidenzia in maniera dotta e intelligente, ma non lo esplora in profondità.

Barbara Armani