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Eugenio Di Rienzo – Un dopoguerra storiografico. Storici italiani tra guerra civile e Repubblica – 2004

Eugenio Di Rienzo
Firenze, Le Lettere, pp. 443, euro 29,50

Anno di pubblicazione: 2004

Il libro è uscito da un anno; spenti i bagliori della battaglia che gli è piovuta addosso non per caso; proviamo a parlare del libro, e non della ridislocazione politica dell’autore, dell’epica corrusca della copertina, del passaggio dalla ?Prima? alla ?Seconda? Repubblica. Il materiale è folto, inedito e di grandissimo interesse. Di Volpe e Chabod, Morandi e Sestan, Maturi, Cantimori e delle loro trasformazioni, ?negoziazioni? identitarie e autorappresentazioni tra guerra e dopoguerra e tra fascismo e postfascismo, ne sappiamo ora di più. Di Rienzo ha avuto accesso ai loro archivi personali, in particolare alla corrispondenza che lega la rete del maestro e degli ex allievi; e alle importanti istituzioni di cui Volpe è stato con il fascismo dirigente o ispiratore.
Rileggendo il libro per questo ragguaglio, cerco di individuare il bandolo, la linea che riunisca e dia un senso d’autore alla molteplicità dei frammenti autobiografici. Non voleva darci, certo, un tranquillo capitolo di storia della storiografia. Le vite di questi storici ? fra gli artefici del senso di sé della nazione ? sono investite da rapidi trapassi generazionali e istituzionali. È una battaglia per la sopravvivenza; rotte di alcuni ?io? deputati al senso delle rotte generali, mentre la nave va sugli scogli e riparte. Si cambia, o si pretende di esser cambiati, chi facendo la Resistenza, chi scrivendo un articolo, chi dimenticando ciò che ha scritto prima. Che cosa indigna Di Rienzo, perché scrive accalorato, ab irato? La storia dell’Italia fascista, e degli intellettuali, dell’università, delle case editrici, delle riviste nell’Italia fascista non comincia con questo libro. Dobbiamo tuttavia rapportare lo scandalo soprattutto al dopo ’45. Di Rienzo sembra ritenere intollerabile che Volpe diventi il capro espiatorio di comportamenti propri a tutti i professori resisi compatibili al regime fascista. Lo turba la solitudine rancorosa dell’ex capo inquisito e negletto, che, di rimbalzo, si arrocca in posizioni fasciste più estreme di quelle che aveva avuto sino al ’43 (non aderendo alla RSI). Sul trasformismo, l’opportunismo, le affrettate palingenesi, nulla quaestio da parte nostra. Ma il discorso è rovesciabile: non si può legittimamente ritenere che il cambiamento sarebbe parso meno ?fazioso? e unilaterale se ci fosse stata la capacità di epurarne di più, non di meno?
Niente da fare, la scheda informativa non viene fuori neanche volendo. E forse si deve riconoscere che non per elementi esterni, ma per intrinseca predisposizione l’autobiografia collettiva degli storici dell’Italia che cambia ? negli anni Quaranta ? venga gettata nel discorso pubblico, fra le palingenesi e le politiche della memoria d’oggi. Con Renzo De Felice nella parte di un Volpe? (la collana delle Edizioni Le Lettere è la ?Biblioteca di nuova storia contemporanea?, diretta da F. Perfetti, che apre con la biografia di De Felice, prosegue ahimè con Ansaldo, poi con l’Italia moderna di Volpe, poi, addirittura, con Giovanni Artieri). Chiudendo il capitolo sulla Memoria imperfetta l’autore depreca che altri libri si siano messi ?al servizio di un’egemonia culturale ormai sul punto di tracollare? p. 31). Altrettanto non si può dire del suo.

Mario Isnenghi