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Fabiana Savorgnan di Brazzà (a cura di) – Pietro Savorgnan di Brazzà dal Friuli al Congo Brazzaville, Atti del Convegno Internazionale (Udine, 30 settembre ? 1 ottobre 2005) – 2006

Fabiana Savorgnan di Brazzà (a cura di)
Firenze, L.S. Olschki, XVIII-242 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume raccoglie gli atti di un convegno celebrativo del centenario della morte di Pietro Savorgnan di Brazzà. Il grande esploratore, nato a Roma nel 1852 da famiglia friulana e naturalizzato francese nel 1874, morì infatti il 14 settembre 1905 a Dakar al termine di un ultimo defatigante viaggio che lo aveva portato ancora una volta a percorrere le regioni dell’Ogouè, dell’Ubanghi e dell’alto Chari. Organizzato per iniziativa del Comune di Moruzzo (patria d’origine della famiglia Savorgnan) e del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Udine, il convegno ha costituito l’occasione per meditare sul significato eccezionale dell’esperienza di Pietro Savorgnan di Brazzà: uno dei pochi esploratori occidentali tuttora oggetto di stima in Africa. Più che ritornare sulla figura dell’esploratore, i convegnisti hanno delineato tematiche che solo indirettamente lo riguardano; emblematico l’intervento di Gianpaolo Romanato (Le missioni fra esplorazioni e colonialismo, pp. 103-119) in cui neppure viene citato il nome di Pietro di Savorgnan. Si sono così puntualizzati vari aspetti della cornice storica e culturale in cui si inserì il personaggio celebrato. Bruno Zanettin ha delineato quanto si sapeva dell’Africa all’epoca di Savorgnan di Brazzà (Quadro delle conoscenze e sintesi dell’attività esplorativa nell’Africa subsahariana, pp. 1-16), mentre Fulvio Salimbeni ha rievocato lo scenario in cui si concretizzò in Africa l’espansione coloniale (L’Africa di Pietro Savorgnan di Brazzà tra espansione e imperialismo, pp. 91-102). Altri hanno posto in rilievo i rapporti complessi che si ebbero tra l’esploratore friulano e il mondo dei geografi italiani (cfr. Nadia Fusco, La Società geografica italiana e Pietro Savorgnan di Brazzà, pp. 59-77; Francesco Micelli, Pietro Savorgnan di Brazzà e i geografi italiani, pp. 79-90). Di taglio letterario l’intervento di Elvio Guagnini (Su alcuni viaggiatori italiani in Africa tra relazione e «Reportage», pp. 121-136) e anche quello di Renzo Rabboni (Salgari e Pietro Savorgnan di Brazzà, pp. 136-163) dedicato all’influenza che le imprese dell’esploratore hanno avuto sul romanziere scaligero. Ne emerge che Emilio Salgari, non condividendo la scelta filofrancese del friulano, non travasò ? se non in misura minima ? l’eco di quelle imprese in altrettante trame di romanzo. Diversa la tesi avanzata da Manlio Pastore Stocchi (Divagazioni letterarie intorno a Pietro Savorgnan di Brazzà, pp. 27-39) secondo cui la scarsa predilezione che Salgari mostrò per lo scenario africano sarebbe da considerarsi un riflesso della limitata attrattiva che l’Africa esercitava sulle «fantasie letterarie dell’Italia giovane» (p. 31). Sul piano archivistico Elisabetta Mori («Hic sunt leones»: il fondo Savorgnan di Brazzà nell’Archivio Storico Capitolino di Roma, pp. 165-171) ha ricostruito la storia delle carte relative al ramo romano della famiglia Brazzà, il cui studio è stato per altro già intrapreso dalla curatrice del volume (cfr. Fabiana Savorgnan di Brazzà, Dal carteggio di Pietro Savorgnan di Brazzà, pp. 173-197).

Marco Lenci