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Fabio Bertini – Risorgimento e questione sociale. Lotta nazionale e formazione della politica a Livorno e in Toscana (1849-1861) – 2007

Fabio Bertini
Prefazione di Sandro Rogari, Firenze, Le Monnier, XIV-892 pp., Euro 49,00

Anno di pubblicazione: 2007

Dopo un primo volume su Livorno nel Risorgimento dedicato al periodo 1830-49 (cfr. «Annale» V/2004, p. 121), Bertini ne propone un secondo che copre gli anni dal 1849 alla fine del 1861. Nelle 800 pagine del testo la narrazione segue nei dettagli le vicende della città, con andamento rigorosamente cronologico, non omettendo lunghi elenchi di nomi ed episodi minuti, senza sconfinare, tuttavia, nel cronachismo, grazie ad alcuni robusti fili conduttori che innervano e scandiscono l’intero arco del racconto: fisionomia e articolazione dei lavoratori del porto; ruolo esercitato da Guerrazzi nel corso del processo del 1849-53 e negli anni dell’esilio; periodiche tentazioni a ricorrere al «pugnale rivoluzionario» (p. 358) con le conseguenti azioni repressive; «guerra delle ricorrenze» (p. 255), che si riaccendeva annualmente non solo tra governanti e associazioni patriottiche nell’anniversario di Curtatone, ma anche fra queste ultime sulla scelta degli episodi di cui celebrare la memoria.Bertini allarga continuamente lo sguardo da Livorno alla Toscana e, seguendo le ramificazioni dell’associazionismo democratico e l’intreccio delle relazioni diplomatiche, al più ampio contesto italiano ed europeo. Ma il fuoco si concentra sempre su Livorno, con il suo carattere singolare di città senza territorio, segnata nelle potenzialità economiche e nella fisionomia sociale dalle attività del porto. Luogo di passaggio di uomini e merci, porta da cui affluivano nell’intera regione mercanti da ogni dove e con loro, oltre alle idee, la gran parte dei libri che circolavano in Toscana, a Livorno guardavano, con eguale interesse ma con preoccupazioni divergenti, tutti i protagonisti del decennio preunitario, prima e dopo il crollo del regime lorenese. Paure e speranze si legavano all’influenza larga e radicata delle idee democratiche fra le classi popolari livornesi, che le disponeva a farsi coinvolgere nella rete dell’associazionismo patriottico, a dar copertura alla produzione e circolazione di materiali di propaganda, a vedere i propri figli offrirsi volontari alla causa nazionale.A fronte di un ceto popolare a larga componente operaia, che poneva le basi di una combattiva tradizione democratica fondendo, e confondendo, questione nazionale e questione sociale, Bertini ci descrive un ceto dirigente urbano che costruiva la sua identità all’interno di una fitta rete di associazioni culturali, economiche o assistenziali, che finivano tuttavia per rispecchiare il vario combinarsi delle endiadi oppositive monarchia/repubblica, moderati/democratici, élite/popolo, complicato spesso dai rapporti vischiosi tra politica ed economia e dal conflitto religioso, particolarmente acuto per la presenza in città di molte comunità di culto.Il lavoro, pur con un’architettura complessa e ridondante, riesce bene, in definitiva, «a ricostruire il farsi della politica» (p. 1), all’interno di una società urbana i cui caratteri peculiari sono certamente di lunga durata. Tanto che è forse possibile trovarne ancora traccia nella Livorno di oggi, seconda solo a Firenze per densità di aderenti a logge massoniche, ma al tempo stesso città con la tifoseria più rossa d’Italia.

Alfio Signorelli