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Fabio Pruneri – L’ istruzione in Sardegna, 1720-1848 – 2011

Fabio Pruneri
Bologna, il Mulino, 351 pp., Euro 27,00

Anno di pubblicazione: 2011

Il volume ricostruisce in modo serio e approfondito le vicende della scuola sarda, soprattutto nei suoi livelli medi e inferiori, a partire dagli inizi della dominazione sabauda, passando attraverso le riforme di Bogino nella seconda metà del ‘700, sino ai primi anni del regime costituzionale, sulla scorta di una ricca indagine archivistica che si avvale anche dell’apporto di oltre 200 tesi di laurea compiute sotto la guida dello stesso a. e del suo predecessore nell’insegnamento di Storia della scuola e delle istituzioni educative all’Università di Sassari, Angiolino Tedde, appassionato cultore degli studi sulla scuola. Era opportuno che le numerose ricerche trovassero sistemazione in un quadro d’insieme, anche se il procedere minuzioso dell’a. non sempre aiuta il lettore a districarsi nei meandri di una realtà sfaccettata e complessa, pur tenendo conto della difficoltà oggettiva di comporre in una sintesi coerente situazioni molto diversificate. Sono tuttavia interessanti gli squarci sulle condizioni reali della vita scolastica e sull’ambiente in cui essa si colloca, che fanno da contrappunto all’analisi della politica scolastica sabauda e delle innovazioni che il governo tenta faticosamente di introdurre.Contro un contesto difficile, caratterizzato dalla persistenza dei poteri feudali, dalla presenza soverchiante di frati e preti, da un’economia ai limiti della sussistenza, e travagliato da malaria, banditismo, rivolte, conflitti tra pastori e agricoltori, si infrangono i timidi tentativi di innovazione dei Savoia, inizialmente preoccupati, per quanto concerne l’istruzione, soprattutto di favorire l’uso della lingua italiana e di sradicare il castigliano, lingua dei ceti «civili». È soprattutto a questi ultimi, dai quali è intesa come segno di distinzione sociale che esime dal vituperato lavoro manuale, che si rivolge la scuola di antico regime, gestita da religiosi. Pure è una scuola che consente l’esistenza di singolari fenomeni, come quello dei «maioli», ragazzi usi a pagarsi gli studi andando a servizio, venuti meno dopo la successiva stretta sugli studi secondari, che li rende più seri e formalizzati.L’acquisizione di una fisionomia più precisa e l’affiorare di scuole elementari vere e proprie, non meramente propedeutiche alla Latinità, non si traduce sempre in un incremento dell’istruzione, comportando il sacrificio di molte delle realtà non ufficiali attraverso cui essa in precedenza era impartita. Lo Stato rafforza progressivamente la sua presa sulla scuola, fissa parametri e norme, giunge pure a indebolire le congregazioni insegnanti, ma non riesce a scalfire livelli di analfabetismo che al momento dell’unificazione sono tra i più elevati del paese (interessando più del 90 per cento della popolazione). Non per questo è da sottovalutare lo sforzo per adeguare la preparazione degli insegnanti al livello di realtà più avanzate, come dimostrano i contatti con uomini di scuola lombardi da parte di intellettuali dell’isola, che tentano in tal modo di superare l’isolamento culturale della regione, rimasta al di fuori degli impulsi modernizzatori dell’esperienza napoleonica.

Ester De Fort