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Fabio Toscano – Per la scienza, per la patria. Carlo Matteucci, fisico e politico nel Risorgimento italiano – 2011

Fabio Toscano
Milano, Sironi, 300 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2011

La biografia degli scienziati è un genere che conta ormai uno spazio significativo sia nell’ambito della storia della scienza, sia negli studi sull’800 italiano, come dimostrano i lavori dedicati a Volta, Sella, Avogadro, per ricordare solo i più importanti. In tale contesto si inserisce il libro di Toscano, fisico teorico di formazione, impegnato da tempo in una variegata attività di divulgazione scientifica che lo ha portato a impegnarsi già in altre biografie di scienziati, dall’età moderna a quella contemporanea. Finora sul fisico romagnolo, ma toscano per ambiente, lavoro e amicizie, si disponeva solo della biografia di Nicomede Bianchi, apparsa pochi anni dopo la scomparsa, benché il suo nome fosse molto noto, non tanto per il contributo allo sviluppo delle conoscenze scientifiche, quanto per il progetto di legge sulla pubblica istruzione del 1861 e per la breve ma incisiva esperienza alla guida di quel Dicastero. La corrispondenza pubblicata da Bianchi e i numerosi opuscoli scientifici e politici editi costituiscono la base del lavoro di Toscano, che ha il pregio di ristabilire il giusto equilibrio nella vicenda di Matteucci, dedicando circa metà del volume alla formazione di un giovane figlio della borghesia professionale negli anni della più dura reazione papalina, specializzatosi alla Sorbona e presto impegnato nelle ricerche di elettrochimica, e in particolare sull’esistenza – all’epoca assai controversa – di un’elettricità di natura biologica insita negli animali. Con questi lavori, Matteucci sviluppò gli studi di Galvani, dopo che l’interesse generale si era spostato in via quasi esclusiva verso le indagini condotte da Volta sul potere elettromotore dei metalli, diventando una delle figure di riferimento a livello internazionale nel campo dell’elettrofisiologia. Toscano restituisce così una fase della storia della fisica in Italia, che ci pare interessante anche per la conoscenza delle reti di relazione, delle polemiche e più in generale del modus operandi di uno scienziato nell’Italia pre-quarantottesca, approdato non ancora trentenne alla cattedra di Fisica sperimentale dell’Università di Pisa. La sistemazione accademica coincise quasi con la conclusione della fase più alta della sua creatività scientifica: per quanto egli sia rimasto fino all’ultimo uno studioso capace di ragguardevoli contributi in vari settori della scienza. Negli anni ’40 la sua attenzione era già catturata dalla crescente passione per la politica, vissuta su un versante liberal-moderato, ispirato da un lato alle lezioni assorbite nella Parigi del Guizot e all’intensa ammirazione per l’Inghilterra, che lo spinse addirittura a cercare – trovandola – una donna inglese come consorte, dall’altro all’esperienza del fallimento dei moti del 1831, cui aveva assistito nella natia Forlì. Ne derivò una visione elitaria della lotta politica, che lo portò a diffidare delle manifestazioni popolari in favore delle riforme nei mesi che precedettero il 1848, ma anche a essere convinto della necessità che gli uomini di scienza non si isolassero tra formule ed esperimenti.

Silvano Montaldo