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Fabio Vander – Che cos’è socialismo liberale? Rosselli, Gramsci e la rivoluzione in Occidente – 2002

Fabio Vander
Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, pp. 126, euro 7,00

Anno di pubblicazione: 2002

Curioso libretto quello di Fabio Vander (il diminutivo è riferito alle dimensioni dell’opera e non alla sua qualità). Curioso innanzitutto perché (a partire dall’organizzazione dei contenuti, improntata ad una sorta di dialettica dei “chiari e distinti”) mostra, cosa ormai rara nel panorama storiografico italiano, la duplice formazione, storica e filosofica dell’ autore. In secondo luogo perché sembra far propria, sia pure non esplicitamente, la categoria polemica del “gramsciazionismo”, rovesciandola però di significato e valore. Mentre in autori come Bedeschi e Cofrancesco tale categoria è infatti usata per dare una lettura di Rosselli (e di Gobetti) come estraneo al liberalismo e, in fondo, anche alla democrazia, in Vander assistiamo ad un ripensamento del pensiero gramsciano nell’ottica, per l’appunto, della democrazia. Punto di partenza di questa rilettura è quindi “l’originalità con cui Rosselli e Gramsci hanno tentato di ripensare la missione del movimento operaio in relazione all’evoluzione teorica e storica della democrazia, nel fuoco di un’Europa in cui si affermano i fascismi e lo stalinismo” (p. 7).
Una ricerca che, in entrambi, insiste sulla possibilità di una critica democratica del capitalismo e nella quale la questione della libertà va di pari passo con una concezione conflittuale delle lotte politiche e sociali. Rosselli attraversa quindi il riformismo per superarlo in prospettiva rivoluzionaria, mentre Gramsci supera lo stalinismo nella prospettiva di una rivoluzione compatibile con la tradizione democratica dell’Occidente e con la situazione di “guerra di posizione” nella quale si era venuto a trovare il movimento socialista in Europa dopo la prima guerra mondiale. In questo senso Vander analizza altri concetti, come quello di egemonia che, a suo parere, non ha nulla a che fare con una pretesa totalitaria, mostrando viceversa che per governare società complesse occorrono strutture a loro volta complesse, implicando quindi una critica del giacobinismo e la consapevolezza, ancora una volta, della peculiarità del tema della rivoluzione in Occidente. Parimenti, il moderno Principe non è il Partito comunista, ma il partito politico in generale, ovvero lo strumento indispensabile della moderna democrazia. Un’interpretazione, quella di Vander, “radicale” del pensiero di Gramsci e Rosselli, con chiari (ed ammessi) legami con il presente, nel quale esiste un problema generale di rifondazione della politica, “indispensabile perché una società, tanto più se post-moderna e frastagliata, possa rimanere tale”(p. 8).

Giovanni Scirocco