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Fabrizio Bottini – Sovracomunalità, 1925-1970. Elementi del dibattito sulla pianificazione territoriale in Italia – 2003

Fabrizio Bottini
Milano, Franco Angeli, pp. 175, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2003

Trattandosi di un testo pubblicato nella prestigiosa collana di ?Studi urbani e regionali? ed essendo l’autore un giovane architetto e urbanista, da un punto di vista storiografico non è lecito aspettarsi un approfondimento analitico e interpretativo che vada al di là del dibattito interno alle discipline delle scienze del territorio e della pianificazione (oltre all’urbanistica, anche geografia e, in misura minore, sociologia urbana), come per altro promesso dal sottotitolo. In altre parole, il libro non intende ricostruire il complesso e articolato confronto attorno alla differenziazione del governo locale e all’autonomia delle sue istituzioni, in rapporto alle ?scienze municipali?. Si limita a fornire una ricostruzione utile alla comprensione, da una parte, di come l’urbanistica abbia contribuito ad esso; dall’altra, di come la stessa urbanistica si sia venuta così definendo in quanto disciplina e settore (questo dibattito, infatti, si sovrappone alle vicende dell’Istituto nazionale di urbanistica).
Con questi limiti, il libro è comunque un sintetico ma utile excursus attorno ad un tema, quello della dimensione ?di area vasta? e poi ?metropolitana? del governo locale, poco presente nella nostra letteratura storica, anche di tipo specialistico (storico-amministrativa o storico-urbana). Del resto, è una questione di difficile delimitazione per le stesse discipline che ? nel corso del XX secolo ? hanno affrontato, in termini di governance, il problema di una dimensione intermedia del governo fra Comuni e Stato, che non fosse semplicemente riconducibile alla tradizione provinciale. La stessa genericità del concetto di ?sovracomunalità?, richiamata nel titolo del libro, sta ad indicare come fosse difficile, già all’interno del dibattito urbanistico precedente la legge generale del 1942, individuare criteri di valutazione comuni e omogenei con cui stabilire la dimensione ottimale di intervento e di pianificazione (si pensi alla ambigua definizione di ?regione? in termini di gravitazione sociale, economica e territoriale rispetto alle circoscrizioni amministrative esistenti, a metà strada fra urbanesimo e ruralismo). E come poi, soprattutto durante il fascismo, fosse difficile articolare questi dibattiti in rapporto ai modelli organizzativi uniformi riproposti dalla giuspubblicistica rispetto al government locale (se si esclude la fallimentare esperienza del Governatorato di Roma).
L’effervescenza del dibattito autonomistico e regionalistico in epoca repubblicana, crescente quanto più ci si avvicina alla stagione della programmazione economica e all’avvento effettivo delle Regioni, durante e dopo il centrosinistra, non può mascherare tuttavia la difficoltà a far interagire in chiave interdisciplinare una riflessione e un dibattito che, spesso e fin dagli esordi degli anni ’30, sembra un dialogo fra sordi, almeno nella possibilità di produrre effetti legislativi concreti attorno a istituzioni intermedie di governo che potessero essere un modello politicamente condiviso (la pianificazione sovra- e/o intercomunale, l’autorithy metropolitana, le forme associative e/o consortili, ecc.).

Pietro Causarano