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Fascismo e società italiana. Temi e parole chiave

Carlo De Maria (a cura di)
Bologna, Bradypus, 415 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2016

Mutuando il titolo di un noto volume del 1973 curato da Guido Quazza, questo contributo collettaneo alla storia del fascismo si compone di voci e temi elaborati da studiosi che potremmo definire della «giovane generazione». Si tratta di una operazione non nuova in anni recenti, a dimostrazione di una diffusa sensibilità a rileggere le impostazioni storiografiche «classiche» sul fascismo da parte degli allievi di coloro che ne animarono il dibattito nella seconda metà del ’900. Origine della raccolta di saggi, un seminario a Forlì del 2016 che ha visto confrontarsi alcuni studiosi del fascismo, impegnati in ricerche di storia locale (non solo la «provincia del duce») e su tematiche più generali.
L’operazione, di per sé meritoria, pone alcune perplessità sui criteri di scelta dei temi e delle parole chiave proposte, mancando una riflessione introduttiva che dia le ragioni di presenze e assenze. Se la società appare al centro dell’indagine, così come la dialettica centro-periferia, rilevo la presenza di voci non così centrali, soprattutto a fronte di alcune mancanze. Questi i temi, proposti in ordine alfabetico: architettura, bambini, biblioteche, bonifica, censura libraria, cinematografia, colonie di vacanza, cooperative, doni (a Mussolini), editoria, eugenetica, fascismo rurale, ferrovie, istituti tecnici industriali, lavoro, migrazioni, oppositori, parole (iscrizioni), precursori, psichiatria, Romagna, scuola, sindacalismo, sport, università.
Non sorprende che la qualità dei singoli contributi risulti variabile, a partire dalla diversa maturità storiografica degli studiosi (presenze e assenze nelle bibliografie citate danno conto di queste differenze), e in effetti, in un volume indicizzato per parole chiave, alcuni concetti dalle implicazioni particolarmente vaste (penso soprattutto a «totalitario», «consenso» e «modernizzazione») mi paiono utilizzati ed evocati a volte in modo troppo disinvolto e poco problematizzato. Nell’impossibilità di entrare nel merito delle singole voci, segnalo almeno gli approfondimenti sull’organizzazione del lavoro di fabbrica e sul sindacalismo fascista (lo sguardo su Venezia e Marghera ci offre, ad esempio, l’immagine di un operaismo che non fa distinzione fra partito e sindacato), le ricerche stimolanti su istruzione, gioventù, politiche editoriali e organizzazione di cultura e tempo libero.
Nel suo insieme la lettura del volume ci fa domandare chi ne sia il destinatario, a chi si rivolga. Come strumento didattico può essere utile nella sua doppia declinazione di indagine locale e nazionale, fornendo approfondimenti sulla società italiana durante il fascismo che integrano sguardi su territori circoscritti a letture d’insieme. Ma in definitiva – come il fascicolo monografico di «Studi storici» del 2014 Fascismo: itinerari storiografici da un secolo all’altro – il maggior pregio del volume mi pare sia il tentativo di messa a punto storiografica, che ci restituisce la misura della crescita degli studi settoriali sul fascismo, come ben segnalato da De Maria nella sua utile Introduzione.

Simone Duranti