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Felice La Rocca – L’eredità perduta. Aldo Moro e la crisi italiana – 2001

Felice La Rocca
Prefazione di Orazio Barrese, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, pp. 215, euro 1

Anno di pubblicazione: 2001

Questo volume ripercorre con affetto e nostalgia la parabola politica di Aldo Moro, cercando di cogliere nel lungo percorso di costituente, parlamentare, dirigente politico e statista il filo di un unico pensiero, rappresentato, non certo in tutti i suoi sviluppi, ma anzi, anche nelle sue assenze, dalle lezioni del giovane professor Moro a Bari. In quei corsi, c’è un pessimismo ed un’assenza. Il pessimismo riguarda la possibilità che la politica e lo Stato riescano a soddisfare il bisogno di giustizia delle del cattolico; l’assenza (lo aveva notato Ruffilli) quella relativa alla forma partito, che invece sarà proprio il contenitore e lo strumento dell’azione morotea.
La Rocca lavora tutto e solo sulla bibliografia esistente, dalla quale cerca di ricavare una sintesi storiografica indubbiamente utile come introduzione: il punto è che il materiale da cui parte è spesso di origine giornalistica, perché ? amaro destino ? uno dei più raffinati intellettuali giuristi dell’Italia repubblicana ha avuto attenzione soprattutto da una pubblicistica orientata a dimostrare cosa avrebbe dovuto o potuto accadere dopo il rapimento e l’assassinio del presidente Dc, piuttosto che i perché e i come della sua parabola. E dunque la abbondanza di letteratura giornalistica (da Magister a Padellaro, da Baget a Zizola) crea qualche problema.
Sul piano dei rapporti con la chiesa La Rocca crede che riflessioni molto personali di papa Giovanni XXIII (p. 47) potessero costituire una risposta al tentativo di Moro nell’apertura a sinistra, ignorando i lavori di Andrea Riccardi sulla dialettica interna alla curia romana. Su quello dei rapporti con gli Stati Uniti poi, il volume resta prigioniero della convinzione giornalistica che ciò che non si capisce possa essere svelato dalle ?carte-della-Cia?: ciò vale sia per la parte sul sostegno di Kennedy al centro-sinistra, che per l’analisi delle preoccupazioni e delle arroganze di Kissinger rispetto al mutare degli equilibri italiani. Sulla politica kennedyana mi paiono illuminanti, se non definitive, le ricerche di Leopoldo Nuti, che smontano i luoghi comuni sul tema e giungono a conclusioni che convergono con ciò che emerge dalle mie indagini nella documentazione diplomatica circolante attorno alla Santa Sede di quegli anni. Nuti ed altri hanno messo in gioco materiali d’archivio nuovi che però devono essere trattati con grande rigore, proprio per non cadere nel mito ? evidente nelle pagine sulla politica dei presidenti repubblicani alla Casa Bianca ? che in qualche soffitta ci siano quei ?dettagli? che mancano ad una ricostruzione d’insieme ormai compiuta (p. 204): chi conosca gli archivi del Dipartimento di Stato, della Cia o del Consigliere per la sicurezza nazionale, sa bene che il problema è quello di rintracciare e costruire i lunghi processi che formano una politica, perché in quella documentazione c’è una pezza che sostiene ogni sciocchezza, oltre che la traccia di simpatie e diffidenze (come quelle per Moro) che vanno ponderate criticamente.
Nella sua sintesi il volume di La Rocca ricorda agli studiosi che dal punto di vista storiografico la ricerca su Aldo Moro è ancora all’inizio.

Alberto Melloni