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Filippo Cesarano – Gli accordi di Bretton Woods. La costruzione di un ordine monetario internazionale, Presentazione di Marcello De Cecco – 2000

Filippo Cesarano
Laterza, Roma-Bari

Anno di pubblicazione: 2000

Questo è un libro per specialisti della storia del pensiero economico, ma esposto in un linguaggio accessibile anche ad altre discipline. Al centro vi è il ruolo della teoria monetaria in una delle trasformazioni cruciali del capitalismo contemporaneo: l’abbandono dell’oro come ancoraggio della moneta. Come noto, nel corso del XX secolo, e in via definitiva dal 1971, si è abbandonata progressivamente la convertibilità delle monete in oro. Il sistema monetario è stato ancorato ad una merce, in genere l’oro o l’argento, per diversi millenni: era un modo di dare certezza al problema dei cambi e dei prezzi. Ma è solo nel XX secolo che la moneta si autonomizza e si sgancia dal circuito commerciale. Cesarano affronta con grande padronanza il passaggio dalla moneta-merce alla fiat-moneta, ossia alla moneta “artificiale”, in serrato dialogo con una vasta letteratura che spazia da Stuart Mill, Schumpeter, Keynes a Lutz e Friedman. Il maggior pregio del lavoro per il non specialista è di rendere accessibili al lettore italiano i termini generali delle discussioni sull’abbandono del talon-or dal 1919 in avanti, le sue implicazioni per i prezzi e i cambi e gli effetti sul ruolo delle banche centrali. Cesarano dà molto spazio ai tentativi di accordo dal 1919 in poi, spiega con dovizia di dettagli le differenze tra gold standard e gold exchange standard e i regimi monetari tra le due guerre.
Gli accordi di Bretton Woods del 1944 costituiscono un punto di svolta, in quanto il dollaro si affianca all’oro come ancora del sistema. L’autore si addentra nei progetti per il secondo dopoguerra di Keynes per il Regno Unito e White per gli Stati Uniti e conclude che a prevalere nel 1944 fu lo schema teorico di Keynes, sebbene svuotato in aspetti decisivi dagli interessi statunitensi (pp. 123 ss.). Anche Robert Gilpin, che ha parlato di “compromesso tra Keynes e Smith”, è giunto a una posizione analoga.
La scelta di affrontare tale discussione nei suoi termini teorici, sebbene non impedisca all’autore di accennare ogni tanto al peso di urgenze sociali e internazionali, comporta una decontestualizzazione degli accordi di Bretton Woods e un relativo disinteresse al suo funzionamento. Resterebbe insoddisfatto chi cercasse nel libro un chiarimento sul rapporto tra teoria economica, regime di Bretton Woods e affermazione dell’egemonia statunitense. Il tema non è pertinente all’approccio privilegiato; tuttavia il problema è se il passaggio ad un regime monetario “artificiale” sia esauribile sul piano teorico dei fallimenti delle precedenti regole o se piuttosto esso si sia imposto per esigenze di governo del sistema capitalista. È comunque buon segno che in Italia esistano autori capaci di misurarsi senza timore col dibattito anglosassone, inquadrare nel lungo periodo una tappa significativa del Novecento e apportarvi, da un particolare angolo disciplinare, un originale contributo.

Carlo Spagnolo