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Filippo Petrucci – Gli ebrei in Algeria e Tunisia 1940-43 – 2011

Filippo Petrucci
Firenze, Giuntina, 194 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2011

Il volume, rielaborazione della tesi di dottorato discussa dall’a. all’Università di Cagliari, analizza la situazione degli ebrei in Algeria e Tunisia nel periodo delle persecuzioni razziali, dalla nascita del regime di Vichy (giugno 1940) allo sbarco degli anglo-americani (novembre 1942), per quanto riguarda l’Algeria, e alla fine dell’occupazione italo-tedesca (maggio 1943), per quanto concerne la Tunisia. Diviso in quattro parti, il libro inizia con una lunga digressione, che consente all’a. di inquadrare le vicende nel contesto della penetrazione coloniale francese nel Nord Africa. Le due parti successive si occupano dello scoppio della guerra e della legislazione razziale introdotta dal governo di Vichy, mentre l’ultima parte è dedicata all’«acme della crisi», con la diversa evoluzione che gli eventi ebbero in Algeria e Tunisia nel corso del biennio 1942-43.Si tratta di un volume basato su un notevole scavo documentario, compiuto sia negli archivi diplomatici (Parigi, Nantes, Aix-en-Provence, Roma, Tunisi), sia in quelli di comunità ed enti ebraici (Parigi, Roma e Gerusalemme). Tuttavia, il lavoro risente di una serie di limiti che ne inficiano pesantemente la validità.Innanzitutto, molto scarsa risulta la storiografia con cui l’a. si confronta. Il nodo relativo alle ragioni del mancato sterminio degli ebrei tunisini durante l’occupazione nazifascista viene, ad esempio, affrontato in maniera piuttosto superficiale. Sebbene faccia riferimento a due scuole di pensiero – secondo la prima, lo sterminio non ebbe luogo per la mancanza di mezzi e di tempo (l’occupazione della Tunisia durò circa sei mesi); secondo la seconda, si trattò invece di una precisa scelta degli occupanti – l’a. non presenta alcuna rassegna bibliografica, limitandosi a citare un volume piuttosto datato (J. Sabille, LesJuifs de Tunisiesous Vichy et l’occupation, Paris, 1954) e della memorialistica, dimostrando altresì una debolezza metodologica per quanto concerne il rapporto tra storia e memoria. Al contempo, emerge una generale carenza su nozioni che pure sarebbero state importanti per un inquadramento generale del tema trattato. L’a. non sembra avere familiarità con temi quali il sionismo, i rapporti tra comunità ebraiche e popolazione araba nel Maghreb, la legislazione anti-ebraica adottata in quegli anni in Europa, in generale, e in Francia, in particolare. Ancora più grave è la mancanza di approfondimento su un tema cruciale per il volume, l’antisemitismo. L’a. non fa alcuna distinzione tra le categorie di antisemitismo politico e di antigiudaismo di matrice cristiana, finendo per ricorrere ad una serie di affermazioni superficiali e vaghe, quali «i “normali” insulti arabi all’indirizzo degli ebrei» (p. 31) o «il vecchio disprezzo verso gli ebrei» (p. 88).Si rimane sorpresi che una casa editrice di tutto rispetto non abbia chiesto all’a. di effettuare una serie di cambiamenti e integrazioni che avrebbero certamente giovato al volume, e viene il sospetto che in presenza di finanziamenti privati (il libro è stato pubblicato grazie ad una sovvenzione del Banco di Sardegna), gli editori finiscano per chiudere un occhio sulla qualità di ciò che pubblicano.

Arturo Marzano