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Fiorenzo Landi – La pianura dei mezzadri. Studi di storia dell’agricoltura padana in età moderna e contemporanea – 2002

Fiorenzo Landi
Milano, Franco Angeli, pp. 264, euro 19,00

Anno di pubblicazione: 2002

L’autore rifonde in questo testo dodici saggi, scritti per lo più tra la metà degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta; ottiene un libro organicamente costruito, a riprova di un percorso di ricerca molto compatto, che ha per oggetto la campagna romagnola.
L’età moderna si dipana nei primi tre capitoli: condizioni ambientali e modi tecnici e sociali della produzione agricola, aspetti demografici e culturali sono sondati puntualmente dentro un arco cronologico tra il Cinquecento e il Settecento. Emerge il quadro di una forte integrazione tra le terre asciutte appoderate, a mezzadria, e le terre umide e incolte delle valli e degli spazi marginali: lì i cereali e la canapa, qui il foraggio e l’erba per la lettiera, lì una piena proprietà privata, qui i vincoli dei diritti della comunità. Su questa capacità di utilizzo complessivo delle risorse e di difesa degli equilibri ecologici e, in qualche misura, anche sociali, Landi argomenta per una valutazione del sistema più articolata e positiva di quanto non consenta un secco confronto di rese unitarie con il modello della rotazione di Norfolk, ossia con il modello della modernizzazione agricola per antonomasia. È una riflessione analoga a quella condotta, con differenti motivazioni, da parte significativa della storiografia, a proposito di altri luoghi del vasto continente mezzadrile dell’Italia centrale.
Il quarto capitolo, dedicato all’Ottocento, mostra il disgregarsi di quell’integrazione, a basso tasso di produttività, che aveva caratterizzato l’età moderna e aveva fatto del regno pontificio lo Stato più mite dell’Europa settecentesca. Si tratta di un percorso lento e non lineare, che Landi racconta con una serrata verifica sul territorio ravennate. L’autore sottolinea il dominante atteggiamento speculativo dell’imprenditoria ottocentesca, pungolata verso la trasformazione dell’incolto e del sommerso da avvenimenti ?esterni e calamitosi? (p. 201) di diversa natura: l’invasione francese, la rotta del Lamone, la crisi degli anni Ottanta.
Ma contestualmente il podere mezzadrile trova, grazie a margini spesso sottovalutati di flessibilità e ben evidenziati da Landi, la possibilità di un nuovo equilibrio, a partire dall’ingresso di concimi e foraggere. All’inizio del Novecento, quantità e qualità della produzione del podere possono rivelarsi radicalmente cambiate. Può accadere che un mezzadro cominci a sperare nell’acquisto della terra. Può accadere che una frutticoltura industriale si impianti con energia al riparo dell’involucro contrattuale tradizionale, con vantaggi non solo padronali. È per questo che Landi condivide, a ragione, con altri studiosi un ?postumo riconoscimento di meriti di non poco conto? (p. 14) alla mezzadria.

Giacomina Nenci