Cerca

Firenze 1946-2005. Una storia urbana e ambientale

Federico Paolini
Milano, FrancoAngeli, 416 pp., € 49,00

Anno di pubblicazione: 2014

Questo libro ha più di un merito: affronta un tema innovativo, quello della storia ambientale urbana, si fonda su un accurato scavo archivistico, pubblicizzando una documentazione per lo più interessante, suggerisce interpretazioni stimolanti che, sebbene siano destinate a suscitare discussioni, risultano ben argomentate. L’a., già da tempo impegnato nello studio di questioni ambientali e di culture dei consumi, ricostruisce una storia di Firenze, o meglio della conurbazione fiorentino-pratese, attraverso l’analisi delle evoluzioni del territorio e delle politiche ambientali e urbanistiche nella seconda metà del ’900.
Il volume è diviso in sette capitoli: il primo è dedicato alle premesse, ovvero alle caratteristiche dell’area e ai problemi del dopoguerra; il secondo al periodo del governo di Giorgio La Pira, quando le esigenze dello sviluppo sovrastarono qualsiasi preoccupazione ambientalista; il terzo e il quarto agli anni delle amministrazioni di centro-sinistra e di sinistra, connotate da un crescente distacco tra dichiarazioni di principio e scelte operative; il quinto e il sesto al passaggio di fine secolo, quando la crisi urbana cominciò ad assumere un nuovo volto, senza però modificare significativamente i comportamenti collettivi.
È di fatto, a giudizio dell’a., la storia di un grande fallimento della politica incapace, al di là delle varie formule amministrative, di perseguire un governo del territorio alternativo al «patto sociale» fondativo dello sviluppo postbellico, ovvero quello per cui «le imprese dispensatrici di occupazione (e quindi di benessere) hanno ricevuto in cambio il tacito consenso a fruire delle risorse naturali disponibili» (p. 12). Così non sorprende che l’ambiente sia rimasto a lungo «un’entità avulsa dal contesto urbano da utilizzare più o meno a piacimento» (p. 13) e anche quando, agli inizi degli anni Settanta, cominciò a emergere una nuova consapevolezza ecologista, la politica urbanistica e ambientale si sarebbe scontrata con una serie di ostacoli formidabili. Innanzi tutto un «policentrismo conflittuale», accompagnato da un’ipocrita «retorica metropolitana» (p. 154), che avrebbe impedito ogni serio tentativo di pianificazione intercomunale. Poi una «doppiezza» (p. 395) del Partito comunista che, dietro a professioni di fede ambientalista, non avrebbe mai rinunziato a un primato produttivistico connesso a radicati interessi politici. E infine la persistenza di un doppio dualismo, da una parte quello tra rendita fondiaria e imprenditorialità più innovativa e dall’altra quello tra conservatori e modernizzatori del tessuto urbano, che avrebbe paralizzato qualsiasi organico processo di rinnovamento. In questo contesto l’a. valorizza il ruolo della corrente liberal-socialista, in primo luogo dell’assessore all’urbanistica Edoardo Detti, interprete di un’idea di modernizzazione e di tutela del territorio che per molti aspetti si sarebbe differenziata sia dalle ambiguità di «un conservatorismo di matrice passatista» (p. 398), ispirato da un associazionismo rigidamente integralista, sia dalle vacuità di un «ambientalismo di carta» (p. 214), praticato in primo luogo dalle istituzioni.

Francesco Bartolini