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Fordismi. Storia politica della produzione di massa

Bruno Settis
Bologna, il Mulino, 320 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2016

Nei Quaderni del carcere, Americanismo e fordismo è uno dei momenti più significativi
della riflessione di Gramsci, nonostante la terribile esperienza delle carceri fasciste gli
impedisse di avere una visione di prima mano, visione quindi veicolata soltanto dalle sue
letture da detenuto e dai suoi ricordi. In quelle pagine, Gramsci rifletteva sull’importanza
nella vicenda del capitalismo delle innovazioni introdotte da Henry Ford, capace di
dare forma pratica alle elaborazioni teoriche sull’organizzazione scientifica del lavoro di
Frederick Taylor. Sulla storia del fordismo che tanto affascinò l’intellettuale sardo, e sulle
sue implicazioni nello sviluppo della storia industriale, politica e sociale degli Stati Uniti,
ma anche dell’Unione Sovietica, della Francia, della Gran Bretagna e dell’Italia (di cui
tratta in maniera ampia l’ultimo capitolo con uno specifico focus sulla Fiat), si sofferma
in questo studio Bruno Settis.
L’a., dottorando alla Scuola Normale di Pisa e al Centre d’Histoire de Sciences Po a
Parigi, presenta un quadro dettagliato sia sul piano delle fonti che dei riferimenti storiografici
intorno alla vicenda storica del fordismo, mettendo in evidenza le connessioni con
i conflitti e le influenze sugli assetti istituzionali e culturali generati da questo fenomeno
di politica industriale. Un lungo viaggio nella storia del fordismo «problema storico aperto
» (p. 23), che per Settis non può essere declinato al singolare ma al plurale in quanto
esperienza non unitaria.
Cronologicamente si parte dal 1908, momento centrale con la produzione del primo
modello T a Detroit, per arrivare alla conclusione della fase della grande espansione
fordista nel 1973, anno della crisi petrolifera e dell’affermazione del toyotismo. In questo
lasso di tempo si sono succeduti grandi successi e progressi industriali, ma anche rotture,
lotte dei lavoratori, frizioni che attorno alla fabbrica fordista hanno contribuito a rendere
il capitalismo sempre più globale, soprattutto dopo l’esperienza della prima guerra mondiale.
Tutti aspetti che nel libro sono resi efficacemente, intrecciando storia economica
e politica con una prospettiva di analisi culturale e sociologica, che da Ford arriva ad
Agnelli, Lenin, Gobetti, Chaplin sino a Sun-Yat-sen, che scrive all’industriale americano
nel giugno 1924 invitandolo a ripetere in Cina quanto fatto negli Stati Uniti (p. 118).
Imprenditori, intellettuali, politici e sindacalisti trovatisi nella condizione di dover fare i
conti con un modello che ha generato l’apertura di nuovi mercati e, soprattutto, ha determinato
un costante e significativo incremento dei livelli di produttività e dei consumi
individuali.
Diffondendosi in tutto il globo e in contesti tanto diversi, intrattenendo relazioni
differenti con gli Stati con cui entrava in contatto e con i vari movimenti sindacali nazionali,
il fordismo descritto in questo libro – coraggioso quanto riuscito – dimostra di
essersi strutturato in senso plurale, influenzando in maniera specifica sfera economica e
decisioni politiche di buona parte della storia mondiale dei primi tre quarti del ’900.

 Gianluca Scroccu