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Franca Di Valerio e Vito Paticchia (a cura di) – Un futuro per il passato. Memoria e musei nel terzo millennio – 2000

Franca Di Valerio e Vito Paticchia (a cura di)
CLUEB, Bologna

Anno di pubblicazione: 2000

Raccoglie le relazioni ad un convegno svoltosi nel gennaio 2000. Dunque una stampa molto tempestiva, oltre che lussuosa e ben illustrata, ottimo esempio di sinergia istituzionale locale. L’iniziativa è infatti della regione Emilia-Romagna, e riguarda un progetto di parco-museo detto “Linea Gotica”, da organizzarsi lungo la linea appenninica fortificata dai tedeschi nel 1943-45.
La storia bisecolare dell’istituzione mostra che per edificare un museo ci vuole una buona dose di arroganza ideologica, o almeno di sicurezza – propositiva. Gli autori, i responsabili e i progettisti di musei d’oggi che qui scrivono riprendono in effetti le finalità educative di ogni museo, ma le declinano proponendo approcci pedagogici fondati sull’esperienza individuale, sullo studio e la ricerca, immaginando luoghi e percorsi finalizzati a risvegliare coscienze, a suscitare emozioni, ad affinare la critica, ad assumersi responsabilità. La definizione stessa di museo s’espande, fino a comprendere, oltre alle istituzioni tradizionali, le collezioni, le gallerie, le biblioteche, etc., anche i parchi, i siti e i monumenti naturali.
Il problema è nella natura del tempo presente, e nei suoi materiali. Se vogliamo che guerre, stermini, torture di massa appartengano alla memoria e alla coscienza come idola negativi, repulsivi e irripetibili, ci è difficile rappresentarli e offrirli a un pubblico. “Tutto il materiale che avevamo tra le mani – scrive Ralph Appelbaum dell’Holocaust Memorial Museum di Washington – era così sensazionale, così appariscente, i materiali grafici così forti, così potenti, da essere preoccupati di creare quasi un piccolo tempio per i neonazisti” (p.161).
Il volume discute i tanti aspetti di questo insolubile dramma museale, e per la voce di curatori e direttori illustra le tante e controverse soluzioni architettoniche, scenografiche e mediali proposte nel mondo, dal Mémorial di Caen, al Museo Storico Tedesco di Berlino all’Holocaust Memorial Museum di Washington. La versatilità e la drammaticità delle istituzioni realizzate rendono minore di quanto sembri a prima vista la distanza tra queste e le parole degli studiosi italiani – Pietro Clemente, Claudio Pavone, Paolo Pombeni – chiamati qui a riflettere un po’ a braccio sulla natura della storia, degli oggetti o della memoria. Tutti infatti partecipano dello stesso smarrimento, di una incertezza carica di progettualità e di volontà di realizzare e dunque comunque fiduciosa nel fare
Resta però il fatto che fin’ora l’Italia non ha partecipato alla grande intrapresa che qui si illustra, e che a partire dagli anni Ottanta, e sempre di più nei Novanta, in tanti paesi ha stimolato la creatività, l’energia, la volontà politica di ricordare e testimoniare, di discutere i totalitarismi, la guerra, le persecuzioni. E di fabbricare anticorpi. Scrivendo nell’Italia dell’estate 2001 può valer la pena di riferire che della preparazione dei funzionari della polizia di Washington fa parte una giornata da passare all’Holocaust Memorial Museum.

Raffaele Romanelli