Anno di pubblicazione: 2000
Raccoglie le relazioni ad un convegno svoltosi nel gennaio 2000. Dunque una stampa molto tempestiva, oltre che lussuosa e ben illustrata, ottimo esempio di sinergia istituzionale locale. L’iniziativa è infatti della regione Emilia-Romagna, e riguarda un progetto di parco-museo detto “Linea Gotica”, da organizzarsi lungo la linea appenninica fortificata dai tedeschi nel 1943-45.
La storia bisecolare dell’istituzione mostra che per edificare un museo ci vuole una buona dose di arroganza ideologica, o almeno di sicurezza – propositiva. Gli autori, i responsabili e i progettisti di musei d’oggi che qui scrivono riprendono in effetti le finalità educative di ogni museo, ma le declinano proponendo approcci pedagogici fondati sull’esperienza individuale, sullo studio e la ricerca, immaginando luoghi e percorsi finalizzati a risvegliare coscienze, a suscitare emozioni, ad affinare la critica, ad assumersi responsabilità. La definizione stessa di museo s’espande, fino a comprendere, oltre alle istituzioni tradizionali, le collezioni, le gallerie, le biblioteche, etc., anche i parchi, i siti e i monumenti naturali.
Il problema è nella natura del tempo presente, e nei suoi materiali. Se vogliamo che guerre, stermini, torture di massa appartengano alla memoria e alla coscienza come idola negativi, repulsivi e irripetibili, ci è difficile rappresentarli e offrirli a un pubblico. “Tutto il materiale che avevamo tra le mani – scrive Ralph Appelbaum dell’Holocaust Memorial Museum di Washington – era così sensazionale, così appariscente, i materiali grafici così forti, così potenti, da essere preoccupati di creare quasi un piccolo tempio per i neonazisti” (p.161).
Il volume discute i tanti aspetti di questo insolubile dramma museale, e per la voce di curatori e direttori illustra le tante e controverse soluzioni architettoniche, scenografiche e mediali proposte nel mondo, dal Mémorial di Caen, al Museo Storico Tedesco di Berlino all’Holocaust Memorial Museum di Washington. La versatilità e la drammaticità delle istituzioni realizzate rendono minore di quanto sembri a prima vista la distanza tra queste e le parole degli studiosi italiani – Pietro Clemente, Claudio Pavone, Paolo Pombeni – chiamati qui a riflettere un po’ a braccio sulla natura della storia, degli oggetti o della memoria. Tutti infatti partecipano dello stesso smarrimento, di una incertezza carica di progettualità e di volontà di realizzare e dunque comunque fiduciosa nel fare
Resta però il fatto che fin’ora l’Italia non ha partecipato alla grande intrapresa che qui si illustra, e che a partire dagli anni Ottanta, e sempre di più nei Novanta, in tanti paesi ha stimolato la creatività, l’energia, la volontà politica di ricordare e testimoniare, di discutere i totalitarismi, la guerra, le persecuzioni. E di fabbricare anticorpi. Scrivendo nell’Italia dell’estate 2001 può valer la pena di riferire che della preparazione dei funzionari della polizia di Washington fa parte una giornata da passare all’Holocaust Memorial Museum.