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Francesca Anania – Immagini di storia. La televisione racconta il Novecento – 2003

Francesca Anania
Roma, Rai-ERI, pp. 253, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2003

Nel 1982 Jaques Le Goff aveva detto che ?la storia non potrà conservare una qualche funzione nell’ambito della scienza e della società se gli storici non sapranno mettersi al passo con i nuovi mezzi di comunicazione di massa? (p. 119). È forse partendo da questa osservazione che Anania ha voluto indagare in che modo la storia del ?900 è stata raccontata dalla televisione italiana dai suoi esordi fino ai giorni nostri. La televisione infatti è stata (ed è tuttora) il più potente medium di comunicazione, informazione e spettacolo delle società contemporanee dal secondo dopoguerra in poi. Diventa così di grande rilevanza ?capire quale ?storia’ percepisca la nostra società? (p. 8) attraverso la televisione e come si sia modificata nel tempo la comunicazione storica in tv. Perché se da un lato la televisione ha privato gli storici di professione dell’esclusività dell’interpretazione-narrazione del passato, dall’altro le trasformazioni subite dal medium negli ultimi cinquant’anni hanno fortemente condizionato anche la tipologia, i contenuti e la frequenza dei programmi di storia.
Nel periodo dell’esclusivo monopolio pubblico (1954-75), la televisione ebbe una marcata impostazione pedagogico-formativa ma, pur privilegiando i programmi di cultura e informazione, non diede grande spazio alla storia; fu solo a partire dagli anni ’70 che la programmazione storica divenne più consistente e improntata ad un alto rigore scientifico. Tra il 1975 e il 1984, in concomitanza con la nascita delle tv commerciali, ci fu un vero e proprio boom dei programmi di storia. Spesso costruiti attorno ad un’intervista ai protagonisti, si caratterizzavano per l’?accentuata umanizzazione e personalizzazione del racconto? e per la centralità del giornalista-presentatore ?nel ruolo di interprete degli avvenimenti? (p. 36).
A metà degli anni ’80, con il consolidamento del sistema televisivo di duopolio, anche la programmazione storica cambiò: più ?storia evenemenziale, narrativa, aneddotica? (p. 62), più spettacolarizzazione dell’immagine e del racconto, maggiore concentrazione su determinati periodi come il fascismo e il nazismo. Osserva infine Anania come negli ultimi anni l’avvento di una televisione ?tematica? rivolta a pubblici differenziati abbia prodotto una maggiore specificità anche nei programmi di storia; presenti soprattutto su alcuni canali, destinati a un pubblico colto e istruito, essi offrono non più la ?storia? in senso assoluto ma una ?pluralità di storie? (p. 162) spesso legate ai diversi filoni della storiografia accademica.
In conclusione emerge come la programmazione storica in tv si sia modificata di pari passo con le trasformazioni del medium televisivo e come, al tempo stesso, abbia risentito del ruolo sempre più centrale assunto dalla storia nella costruzione delle identità collettive e nell’elaborazione del discorso pubblico-politico odierno. Oggi la storia, strettamente intrecciata alla politica e all’attualità, ha infatti trovato numerose altre sedi di discussione con la conseguenza che anche la comunità degli storici si è dilatata ?enormemente fino a confondersi con i giornalisti e con generici intellettuali? (p. 163).

Giulia Guazzaloca