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Francesca Chiarotto con un saggio di Angelo d’Orsi – Operazione Gramsci. Alla conquista degli intellettuali nell’Italia del dopoguerra – 2011

Francesca Chiarotto con un saggio di Angelo d’Orsi
Milano, Bruno Mondadori, 233 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2011

Il volume ricostruisce la storia dell’edizione e della ricezione degli scritti di Gramsci dalle Lettere dal carcere (1947) all’edizione critica dei Quaderni (1975). Nel saggio introduttivo Angelo d’Orsi traccia le tappe successive: l’inabissarsi dell’interesse per il pensatore sardo negli anni ’80; la Gramsci-Renaissanceinternazionale nel decennio successivo, fino alla nuova stagione di attenzione filologica con l’Edizione nazionale degli scritti, nel cui solco stanno maturando iniziative di documentazione e di ricerca. L’a. muove dall’assegnazione del Premio Viareggio alle Lettere (come scrisse Giacomo Debenedetti fu il premiato a dare gloria al premio e non viceversa), che segnò la scoperta, da parte della cultura italiana, dell’uomo-Gramsci e della sua straordinaria testimonianza di moralità e coerenza. Se per questi scritti Benedetto Croce poté spingersi sino a scrivere che «come uomo di pensiero egli fu dei nostri», i sei Quaderni dell’edizione tematica, pubblicati tra il ’48 e il ’51, inaugurarono l’infinita stagione delle interpretazioni di un pensiero talmente ricco e originale da rinnovare problemi e concetti di molte discipline sociali. L’a. si sofferma sulla storia di questa edizione, definita «una svolta di Salerno tradotta sul piano editoriale» (p. 72): il lavoro sugli originali, la scelta dei tipi Einaudi al posto della Nuova Biblioteca Editrice di Carlo Bernari, i rapporti di Palmiro Togliatti con Giulio Einaudi e Felice Platone. La tesi di fondo è che l’«operazione Gramsci» fu concepita e guidata con intelligenza e determinazione dal segretario del Pci, il quale, attraverso «una sapiente miscela di filologia e strategia politica» (p. 92), riuscì ad assicurare al Partito una durevole egemonia culturale sugli intellettuali, tale da non esaurire il confronto con quell’opera nella polarizzazione ideologica degli anni della guerra fredda tra un Gramsci democratico e nazionale e un Gramsci uomo d’azione e marxista-leninista. La necessità di storicizzare Gramsci divenne stringente con l’uscita, tra ’54 e ’58, degli scritti precarcerari – prima quelli dell’«Ordine Nuovo», poi quelli del periodo prebellico – pubblicati in una fase di tensione nel rapporto tra Pci e intellettuali, tra destalinizzazione e fatti d’Ungheria. Nonostante le controversie sollevate dalla complessità dell’opera di Gramsci e dall’uso politico della sua figura, i tre grandi convegni dedicatigli nel ’58, ’67 e ’77 sancirono il suo ingresso definitivo tra i grandi classici del pensiero politico e sociale e lo istituzionalizzarono ai vertici della cultura accademica italiana. Lo studio di Chiarotto resta, infatti, nell’ambito dell’«alta cultura» e solleva appena il tema, di grande interesse, della costruzione del mito gramsciano a livello di massa, dopo il precoce abbandono di un piano di edizione popolare dei Quaderni. Pur senza aggiungere informazioni sconosciute e prospettive originali, il volume ha il pregio di fornire una panoramica d’insieme, equilibrata nei giudizi e assai ben documentata, dell’operazione cultural-editoriale più importante del lungo dopoguerra italiano.

Gilda Zazzara