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Francesca Traldi – Verso Bad Godesberg. La socialdemocrazia e le scienze sociali di fronte alla nuova società tedesca (1945-1963) – 2010

Francesca Traldi
Bologna, il Mulino, 234 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2010

In occasione del congresso di Bad Godesberg, che nel 1959 varò il nuovo programma fondamentale della socialdemocrazia tedesca ? punto di svolta nella storia del più antico partito socialista del mondo ? Erich Ollenhauer, l’allora leader della Spd, sostenne che la stesura di quel programma non sarebbe stata possibile senza l’apporto di studiosi e ricercatori operanti nel campo delle scienze sociali. Le parole di Ollenhauer, che pure a quella svolta intellettuale e politica, aveva lungamente resistito, suonano come autorevole riconoscimento del posto occupato dalle scienze sociali tra le fonti culturali del nuovo orientamento strategico del Partito e confortano la scelta di inquadrare l’itinerario che portò a Bad Godesberg in questa particolare prospettiva. Duole però dover subito aggiungere che il libro di Traldi si segnala solo per la felice intuizione di un tema di ricerca potenzialmente ricco di suggestioni, senza riuscire poi a svolgerlo in modo soddisfacente; sicché suscita nel lettore un senso di delusione per una promessa non mantenuta.È bensì ricostruito, sebbene in maniera disorganica, il contrasto tra innovatori e tradizionalisti che si aprì nella Spd sin dagli albori della Bundesrepublik, ma i protagonisti della narrazione sono i maggiori dirigenti politici del Partito, sulla cui diversa propensione a includere le scienze sociali nell’orizzonte culturale della Spd vengono sì forniti elementi, senza però che assurgano mai in primo piano le figure dei ricercatori che agirono a contatto del milieu politico socialdemocratico e il contenuto effettivo del loro contributo di idee all’elaborazione del programma. L’a. ripete insistentemente che proprio le divergenze di opinione sulle potenzialità euristiche delle «nuove scienze» sono la più efficace cartina al tornasole per discernere le menti aperte alla ricerca di più validi criteri di lettura della modernità sociale dai difensori del tradizionale apparato teorico marxista, ma si deve giungere a p. 203 per trovare l’interrogativo: «Quali scienze sociali?» E anche lì si resta senza una vera risposta. Sembra quasi che per l’a. le «scienze sociali» siano un campo culturale la cui sostanza è già tutta nella denominazione, e che fattore di modernizzazione del riformismo siano state le scienze sociali in quanto tali, e che non ci sia quindi bisogno di domandarsi quali indirizzi concreti della ricerca, e quali loro approdi, siano stati davvero funzionali alla rivitalizzazione del socialismo.La delusione del lettore diventa poi irritazione di fronte ai segni di sciatteria che s’incontrano in tante pagine: dai non rari errori di grammatica, e non solo nelle traduzioni dal tedesco, alle imprecisioni (ad es. il gruppo Neu Beginnen è sempre denominato Neu Beginn, e Willi Eichler è presentato come suo fondatore), a giustapposizioni tra italiano e tedesco che non concordano («la Spd non poté più essere definita una “vaterlandslose Gesellen”») fino alla storpiatura, in un caso, dell’affermazione forse più nota del programma di Bad Godesberg («concorrenza per quanto possibile, pianificazione per quanto necessario») in «tanta concorrenza quanto possibile, tanta pianificazione quanto possibile» (p. 198).

Leonardo Rapone