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Francesco Aimerito – Per un codice di procedura civile del Regno di Sardegna. Problemi del processo e prospettive di riforma nel Piemonte della Restaurazione – 2001

Francesco Aimerito
?Biblioteca della Rivista di Storia del Diritto italiano? vol. 37, Roma, Fondazi

Anno di pubblicazione: 2001

Il lavoro di Francesco Aimerito, giovane ricercatore del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Torino, è una nuova tessera che si aggiunge al ricco filone di studi sul movimento codificatorio e sulla storia giuridico-istituzionale sardo-piemontese. Si tratta dell’analisi del progetto di legge ? pubblicato in appendice al libro ? sul procedimento civile elaborato tra il novembre 1816 e i primi del 1821 da tre causidici torinesi per incarico del governo, nell’ambito di una riforma generale dell’appena ripristinata legislazione settecentesca. Lo scoppio dei moti provocò la rapida archiviazione dell’intero programma, ma il disegno di legge rimane una preziosa testimonianza sia della reale configurazione del sistema processuale piemontese, sia della cultura giuridica dell’epoca, permeata dalla ricerca di un equilibrio tra la conservazione delle istituzioni ?patrie? restaurate e la loro riforma alla luce delle principali novità introdotte dall’esperienza francese. ?Primato della legge, eguaglianza dei destinatari del precetto normativo, onnicomprensività, completezza e non eterointegrabilità del codice, ruolo meramente applicativo riservato al giudice, unitarietà, pubblicità e statualità della funzione giurisdizionale e delle procedure dovevano essere ormai concetti talmente radicati anche nel contesto culturale di provenienza dei compilatori da poter continuare a rappresentare, pur nella mutata atmosfera politica del momento, i motivi dominanti di una riforma processuale? (p. 270).
Aimerito, che con un’analisi molto dettagliata si sofferma su tutte le particolarità del progetto, ha anche il pregio di valorizzare i numerosi elementi utili per la storia sociale delle professioni legali, sia sul versante della magistratura, il cui attaccamento all’ordinamento tradizionale intorno ai quattro senati di Piemonte, Nizza, Savoia e Genova fu un potente freno a un’efficace razionalizzazione degli apparati di vertice, sia su quello dei causidici (o anche procuratori o patrocinatori), una delle cosiddette professioni minori, sulla cui importanza ha recentemente richiamato l’attenzione Hannes Siegrist (Advokat, Bürger und Staat, 1996). Nel 1816 essi furono preferiti ad avvocati e giudici come consulenti dell’autorità politica, non solo per la specifica conoscenza della procedura, ma anche perché, provenendo ?da un ceto socialmente intermedio, privo di un apprezzabile peso politico ed estraneo ad atmosfere culturali di vasto respiro? (p. 52), sembravano offrire maggiori garanzie che l’attività riformatrice si sarebbe limitata ad aspetti essenzialmente tecnici, separati da qualsiasi istanza di rinnovamento istituzionale.

Silvano Montaldo