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Francesco Barbagallo – Storia contemporanea. L’Ottocento e il Novecento – 2002

Francesco Barbagallo
Roma, Carocci, pp. 284, euro 22,80

Anno di pubblicazione: 2002

La riforma universitaria ha portato, in molti casi, a un ridimensionamento dei testi a carattere manualistico che ha trovato rapidamente una sponda nel mondo dell’editoria. Il libro di Barbagallo vuole rispondere a queste nuove esigenze didattiche e di mercato: 270 pagine di testo ? comprensivo di cartine, grafici e bibliografia ? per raccontare e interpretare il XIX e XX secolo su scala mondiale.
Questo volume solleva un grande e importante interrogativo metodologico sul piano didattico. Ogni secolo non dispone di più di cento pagine per venire narrato e interpretato: meno certamente della gran parte dei manuali in uso nei licei. E non si tratta, considerato il carattere ?di base? di questo strumento, di pagine densamente interpretative che danno per scontata la conoscenza e la trattazione degli avvenimenti.
Ognuno dei capitoli in cui è suddiviso il volume (dodici per secolo) presenta in conclusione una breve bibliografia e, purtroppo, nessun indice dei nomi. Essa è formata, tranne limitatissime eccezioni, di testi a loro volta a carattere manualistico (la Storia d’Europa di Galasso, la Storia contemporanea dell’editore Donzelli, La Storia della UTET, le diverse storie einaudiane o addirittura manuali di liceo).
Lo sviluppo dei capitoli segue un andamento tradizionale: con un forte impianto italocentrico e quasi esclusivamente europeistico per l’Ottocento; con un taglio esclusivamente occidentalistico per la prima metà del Novecento; con due capitoli per capire il resto del mondo: quello sulla decolonizzazione (sei pagine di testo) e quello sulla mondializzazione (che include il crollo dell’URSS e del comunismo: in totale dodici pagine).
Che idea è possibile, su questa base, farsi dello sviluppo storico contemporaneo? Prendiamo l’avvento del comunismo in Russia, dove vi è (capitolo 15) uno sforzo di sintesi e di selezione notevole, dove i giudizi rispondono ai risultati di una parte riconosciuta della storiografia internazionale; resta però in ombra il carattere problematico dello sviluppo della storia russa e sovietica, gli interrogativi di ricerca e il dibattito storiografico recente sono sacrificati, non si trova lo spazio neppure per citare l’esistenza del Gulag.
Per la fase conclusiva la tirannia delle pagine è ancora maggiore. La fine del comunismo ? senza che si sia parlato mai della sua vicenda nel secondo dopoguerra; senza aver mai neppure citato Chruscëv o Breznev ? è raccontata e interpretata in trentasette righe che danno conto dell’Europa orientale e dell’URSS. L’interpretazione di questo crollo epocale si attribuisce alla ?combinazione? della glasnost con la perestrojka.
Ci sono parti in cui è possibile indicare sommariamente eventi e giudizi: è il caso dell’Italia fascista o dell’Italia repubblicana. Ma ve ne sono altre costrette alla dimensione di un ?bignamino? cronologico: gli Stati Uniti da Kennedy a Reagan, il Terzo Mondo e il raggiungimento dell’indipendenza da parte dei paesi di Asia e Africa. Gli editori, probabilmente, ne avranno il loro tornaconto. Ma perché studiosi e docenti di vaglia devono prestare il loro aiuto a queste operazioni didattico-culturali che lasciano l’amarezza degli strumenti utili più a una università-esamificio che alla comprensione sia pure sintetica del sapere storico?

Marcello Flores