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Francesco Bartolini – Roma borghese. La casa e i ceti medi tra le due guerre – 2001

Francesco Bartolini
Roma-Bari, Laterza, pp. XII-284, euro 25,82

Anno di pubblicazione: 2001

Il libro si apre con una citazione di Libero Bigiaretti che, nel 1945, sottolinea come ormai la capitale, nella sua fisionomia urbana e architettonica sia compiutamente borghese. La città, dominata per lungo tempo, dal contrasto tra alto e basso, tra un’aristocrazia laica ed ecclesiastica che viveva in ricchi palazzi patrizi da una parte ed una plebe spesso oziosa ammassata in casupole vecchie e malconce dall’altra, si è trasformata, nel giro di pochi decenni nella città dei ceti medi. Quei ceti medi, soprattutto impiegatizi, che le ricerche di Mariuccia Salvati hanno descritto e analizzato nelle sue dimensioni e nei suoi comportamenti. Bartolini, giornalista professionista, dedica questa ricerca a questa trasformazione realizzatasi tra le due guerre. Una trasformazione resa necessaria dalla straordinaria crescita demografica di Roma e che dà luogo ad uno sviluppo edilizio dai caratteri spesso confusi e ?anarchici? ma che condizionerà sensibilmente le direttrici di espansione della città ben oltre il secondo dopoguerra. L’edilizia residenziale per i ceti medi cui l’autore presta attenzione è quella che si realizza grazie a un sistema di contributi pubblici, che consente l’emergere di un ceto numeroso di proprietari di casa, ridistribuisce la popolazione della città su un territorio più ampio di nuovi rioni e quartieri, provoca la spinta ad associarsi in cooperative da parte di impiegati e pensionati dello Stato, e definisce uno sviluppo urbano della capitale nel quale le scelte governative finiscono per avere la meglio sui progetti dell’amministrazione comunale. È a questi nuovi caratteri più che agli aspetti speculativi della crescita urbana della capitale che Bartolini guarda, andando alla ricerca di strategie di insediamento ed espansione, di specifici caratteri costruttivi, di modelli.
Il volume, diviso in sei capitoli e corredato da un’appendice di tavole e tabelle, si apre con uno sguardo sulla crisi degli alloggi, già gravissima all’inizio del secolo e ulteriormente acutizzatasi nel primo dopoguerra, con il dibattito sulle soluzioni da dare alla carenza spaventosa di abitazioni, i provvedimenti presi dall’amministrazione municipale e soprattutto la legislazione speciale varata dal governo in favore della capitale nel 1919 grazie anche alla forte pressione esercitata dalle associazioni e dalle cooperative degli impiegati pubblici. Sono proprio le cooperative, più di cento nel 1922, il fenomeno più significativo e interessante che la legislazione produce nella capitale ed è a queste, o meglio ai loro interventi e iniziative che è dedicato il secondo capitolo. Più che i ceti medi ? un gruppo dai contorni poco chiari che l’autore non definisce e inquadra e che compare fugacemente solo nell’ultimo brevissimo capitolo ?, protagonisti del volume sono, da una parte, i soggetti istituzionali (il governo, il Comune, le cooperative, la Società generale immobiliare, l’Istituto nazionale delle assicurazioni) e dall’altra gli architetti. Sono i primi, con le iniziative legislative, gli investimenti e le concrete realizzazioni a guidare e condurre la grande trasformazione urbanistica, e sono i secondi a imporre, con lo sviluppo delle palazzine, un nuovo aspetto architettonico alla città.

Daniela Luigia Caglioti