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Francesco Cassata – «La Difesa della razza». Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista, – 2008

Francesco Cassata
Torino, Einaudi, XVIII-413 pp., euro 34,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il volume ripercorre la storia de «La Difesa della Razza» esaminandone la parabola e il contenuto assieme ai percorsi dei principali collaboratori e del suo direttore. La tesi principale dell’a. è che la vicenda della rivista non può essere compresa se non si tengono presente la figura di Interlandi e la sua direzione del «Tevere» e di «Quadrivio», da cui emergono un nucleo di tematiche razziste e antisemite e un gruppo di giornalisti che le diffondono in vario modo. L’antisemitismo di Interlandi viene presentato come un elemento integrante della sua visione fascista e il ruolo da lui svolto di «portavoce ufficioso» di Mussolini come un fattore che consente di ricostruire con maggiore precisione la linea biologista (spesso definita semplicemente «biologica») del razzismo fascista. Questi rilievi meriterebbero una discussione più ampia di quanto l’a. non faccia, in particolare riguardo alla posizione di Interlandi rispetto a Mussolini, alla strategia complessiva del dittatore nei confronti delle diverse anime e correnti culturali interne al fascismo e alla ricostruzione e valutazione della vicenda di Giulio Cogni. Accanto all’analisi della componente «interlandiana» viene presentato il contributo di alcuni dei cosiddetti firmatari del Manifesto della razza, che concorre così a formare l’indirizzo biologista della rivista, ma solo sul piano politico; secondo l’a., infatti, sul piano ideologico si assiste a un sincretismo tra la linea biologista e quella più ampiamente definibile come culturalista e per molti aspetti spiritualista. Anche questa distinzione tra politica e ideologia meriterebbe di essere discussa in relazione alle diverse fasi della politica e della campagna razzista e antisemita del fascismo, al pari della suddivisione dei temi della rivista nelle tre categorie di politica, ideologia ed estetica. L’intera vicenda de «La Difesa della Razza» viene letta come una conseguenza della logica interna al progetto di rivoluzione antropologica del fascismo, con riferimento agli studi di Gentile, Cannistraro e Collotti, insistendo sull’autonomia dalla Germania nazista e suggerendo una continuità nell’elaborazione del razzismo e dell’antisemitismo fascisti. Riguardo a temi essenziali del volume, ad es. l’iconografia de «La Difesa della Razza», l’a., pur riconoscendo i lavori di Matard Bonucci, ne sottovaluta la portata e il contributo; analogo appunto vale per altri temi e i lavori di Mughini e di Fabre. Infine, l’a. interpreta la posizione di Interlandi rispetto all’arte moderna come esempio del modernismo politico del fascismo, nell’ambito di una concezione in cui «tanto in Interlandi quanto in Marinetti, seppure in forme diverse e antagoniste, l’ebreo si configura come lo stereotipo negativo del mito dell’italianità e della modernità dell’arte fascista» (p. XV). Il libro, che non presenta conclusioni, si chiude con l’apparato bibliografico e un’appendice con tabelle, non sempre originali. Al di là di alcune ipotesi interpretative, come ho cercato di mostrare non sempre convincenti, il volume appare viziato da un uso a tratti disinvolto della bibliografia.

Tommaso Dell’Era