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Francesco Cassata – Molti, sani e forti. L’eugenica in Italia – 2006

Francesco Cassata
Torino, Bollati Boringhieri, 397 pp., euro 34,00

Anno di pubblicazione: 2006

L’interessante volume di Cassata, buon ultimo, aggiunge un ulteriore tassello a una recente stagione di ricerche capace di colmare il gap della storiografia italiana in materia rispetto al parallelo panorama internazionale. Oggi, dopo le indagini di Maiocchi, Israel-Nastasi e Mantovani, e gli studi apripista di Pogliano e Guarnieri, i nomi di Sergi, Consiglio, Morselli, Gini, Pende, Boldrini, Landra, Gianferrari e Montalenti, non risuonano più in uno scoraggiante vuoto d’interesse. La vasta indagine di Cassata restituisce con puntualità l’attivismo di un milieu intellettuale, costituito da antropologi, psichiatri, demografi, sociologi e psicologi, che, se ha attirato carente attenzione tra gli storici, non per questo propone quesiti marginali a chi intenda analizzare le vicende culturali italiane da punti d’osservazione meno frequentati. Oltre i limiti delle tassonomie specialistiche, il volume ha il pregio di concepire l’eugenismo come «fenomeno culturale, sociale e politico di ampia portata» (p. 11), inserito in un quadro metodologico comparatistico utile a mostrare la presenza di molteplici national stiles, dall’autore, con acribia, intrecciati attorno al copione principale fornito dal caso italiano, e alla sua caratterizzazione latina contrapposta ai modelli dell’eugenica anglosassone o tedescoscandinava. Fondata sopra una copiosa bibliografia, la ricerca opta per una periodizzazione discutibile e, non di meno, coerente con la strategia euristica complessiva. Discutibile poiché ritardato appare fissare il termine a quo dell’eugenica nazionale al 1912, amputandola dei dibattiti di quello straordinario laboratorio medico-sociale-politico rappresentato dalle scienze dell’uomo positiviste di fine ‘800 (i cui maggiori esponenti, per altro, sono citati con frequenza nel testo). Coerente col progetto euristico di fondo poiché, ponendo il termine ad quem alla metà degli anni ’70, consente all’autore di abbracciare il compiuto tragitto di quel paradigma eugenico «razzizzante» dall’affermazione al suo eclissarsi dall’agenda scientifica con la nascita della bioetica. È la sezione dedicata alla sorte della «scienza del miglioramento del materiale umano» (p. 8) dopo il crinale del ’45 la parte più innovativa e promettente di futuri approfondimenti. Se i capitoli iniziali articolano dettagliatamente le filosofie eugeniste dei vari autori ma, sostanzialmente, non apportano innovazioni interpretative rimarcabili, i capitoli finali si segnalano positivamente almeno per due motivi. Primo, poiché colmano con una lettura sistematica un buco nero conoscitivo imbarazzante. Secondo ? a tacere della vitalità accademica di molti suoi propugnatori collusi col fascismo ed il nazionalsocialismo ? perché appurano l’autonomia (sub conditione) e solidità di un discorso scientifico, sovente razzista e classista, la cui longevità, tra crisi e metamorfosi semantiche, dopo le sciagure del secondo conflitto mondiale non può non suscitare interrogazione tra gli studiosi, tanto più quando al presente fa capolino un «utilizzo strumentale del concetto di eugenica come arma di battaglia politico-ideologica» (p. 22).

Andrea Scartabellati