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Francesco Di Bartolo – Terra e fascismo. L’azione agraria nella Sicilia del dopoguerra – 2009

Francesco Di Bartolo
Roma, Edizioni XL, 312 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il libro è l’elaborazione di una tesi di dottorato. Si articola in sette capitoli, più l’introduzione: Un progetto per l’Italia nuova, In terra di Sicilia, Metamorfosi fascista, La guerra persa a Ribera, La gestione mafiosa dell’ex feudo Polizzello, Menfi e l’assalto (vincente) al latifondo, Assonanze conclusive. L’argomento, l’azione dell’Opera nazionale combattenti in Sicilia negli anni ’20 e ’30, rientra nel più generale dibattito sugli interventi statali per lo sviluppo del Mezzogiorno. La crisi del latifondo e il marasma sociale del dopoguerra fecero della Sicilia un laboratorio ideale per realizzare, attraverso l’Onc, una vasta opera di razionalizzazione e trasformazione dell’agricoltura. Fin dal 1920 l’Ente parastatale aprì una succursale nell’isola (caso unico in Italia fino alle bonifiche pontine) per gestire gli interventi di pianificazione territoriale. La ricerca dell’a., condotta per lo più sulla documentazione dell’Onc Sicilia, intende stabilire se e perché tale azione fu durevole e incisiva. Secondo l’a. l’Onc, pur incarnando l’idea di un meridionalismo nuovo (né intervento straordinario, né riforma, ma specifica attenzione ai problemi agrari), non riuscì a incidere sulle vecchie strutture della proprietà e dei rapporti di produzione, già prima del fascismo, per l’interferenza di una legislazione concorrente sulla distribuzione delle terre (decreti legge Visocchi e Falcioni) e per l’ingerenza dei notabili locali, in lotta tra loro per assicurarsi la gestione degli espropri e dei finanziamenti. La Sicilia divenne così un caso, un «paradosso», per il boom di richieste di terra da un lato e l’assenza di controlli sui requisiti legali, tecnici e finanziari delle cooperative dall’altro. Sotto il fascismo, l’accentramento decisionale, il pesante indebitamento, l’accantonamento dei precedenti obiettivi, il cambio delle priorità, l’accentuazione degli aspetti propagandistici e la nascita di enti paralleli (come l’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano) svuotarono l’Onc delle sue funzioni e finalità originarie, relegandola ai margini del processo di trasformazione economico-sociale dell’isola. Il focus su alcuni casi locali, ma che ebbero risonanza nazionale e internazionale (come quello di Ribera, dove i contadini sequestrarono il maggior possidente del circondario, cugino del re di Spagna, per costringerlo a non cedere le terre alla cooperativa rivale, scatenando una querelle diplomatica), mostra come il complesso e mutevole aggregarsi di interessi interclassisti intorno alle terre, il costituirsi di cooperative di contadini ed ex combattenti che agirono come massa di manovra di politici, agrari, mafiosi e la strumentalizzazione dei piani di trasformazione del latifondo pregiudicarono l’azione dello Stato e le sorti del movimento cooperativo (Ribera, Mussomeli, ecc.). Risultati migliori in termini di bonifica delle paludi, riordino idrico e quotizzazione dei feudi si ottennero, invece, laddove (Menfi, Salemi, Sciacca, Gela) il cooperativismo combattentistico ritrovò il proprio protagonismo, sganciandosi dai condizionamenti di proprietari e mafiosi.

Giovanni Criscione