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Francesco Marin – Die «deutsche Minerva» in Italien. Die Rezeption eines Universitäts- und Wissenschaftsmodells 1861-1923 – 2010

Francesco Marin
Köln, SH-Verlag, 410 pp., € 39,80

Anno di pubblicazione: 2010

Lavoro per più aspetti davvero notevole, questo di Marin, del quale sarebbe benvenuta una traduzione italiana: per lo scrupolo documentario, la solidità e l’ampiezza della ricostruzione – non intaccate da alcune imprecisioni, in qualche caso semplici refusi -, ma anche per l’articolazione del quadro problematico, e la pluralità dei livelli analitici e dei punti di riferimento metodologici. A quello che, variamente formulato, era una sorta di luogo comune storiografico, vale a dire l’incidenza dell’immagine e del riferimento alla «dotta» Germania nella vita intellettuale italiana postunitaria, si dà ora, sul terreno universitario, robusta sostanza, senza limitarsi all’esame delle fonti normative, dottrinali e di opinione, ma proponendo anche, ad esempio, uno studio attento, su base prosopografica, della vicenda dei borsisti italiani in Germania (pp. 219-265). Sullo sfondo sta una precisa scansione cronologica: ad un periodo di maggiore apertura e ricettività, coincidente con il primo venticinquennio postunitario, fa seguito una fase di ripensamento legata anche al fallimento delle prospettive di riforma, oltre che al manifestarsi di nuove tendenze di nazionalismo culturale, ed infine la stagione aperta dallo scontro interno alla comunità scientifica italiana nei mesi della neutralità. Ed al centro del quadro non c’è solo la discussione sulle università germaniche e, in parte, la sperimentazione, il parziale trasferimento di modelli istituzionali ispirati al sistema tedesco, con tutti i problemi di «traduzione» impliciti in questi processi: l’organizzazione delle facoltà, con la riflessione, in parte anacronistica in parte strumentale, sulla creazione in Italia di una grande facoltà filosofica nella quale fossero riunite le discipline a carattere non professionale proprio mentre questo assetto scientifico si incrinava in Germania, il reclutamento accademico, l’indirizzo scientifico o professionale dell’insegnamento superiore, l’introduzione, localizzata e problematica, di nuove forme della didattica, con interessanti considerazioni riservate al seminario (pp. 205-215). Si insiste, infatti, anche sulle dinamiche e sugli attori – di nuovo, i borsisti in Germania, ma anche vari specialisti di settore, antichisti, filologi, economisti – di un complesso transfer culturale, processo caratterizzato anche dalla funzione legittimante di certe pratiche discorsive: la dimensione internazionale invocata come riferimento per sostenere delle politiche di riforma, ma anche la rivendicazione dell’antica origine italiana di quel modello tanto ammirato, declinazione universitaria, questa, di un più diffuso atteggiamento intellettuale. Se il profilo politico e istituzionale tracciato è largo, in riferimento allo spazio universitario, ed ai molteplici attori e interlocutori che attorno ad esso agiscono, Marin propone invece una netta scelta di campi disciplinari privilegiati: la ricerca infatti si concentra sulle scienze umane e giuridiche, ritenute particolarmente significative «per l’autocoscienza del giovane Stato nazionale» (p. 13).

Mauro Moretti