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Francesco Persio – Fernando Santi. L’uomo, il sindacalista, il politico, con saggi e testimonianze a cura di Sergio Negri – 2005

Francesco Persio
Roma, Ediesse, pp. 400, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2005

Persio ricostruisce la vita di Santi avvalendosi di un’ampia bibliografia e di documenti dell’ACS, della Fondazione Nenni e dell’archivio privato di Santi. Rispetto all’ampiezza del lavoro, è proprio la penuria di fonti primarie a costituire il limite principale della ricerca che, tuttavia, si dimostra utile per capire il percorso di uno dei più prestigiosi dirigenti del socialismo italiano. Guglielmo Epifani, nella prefazione, scrive che Santi ?ha sempre mantenuto con grande coerenza e ferma convinzione una impostazione riformista [?] anche nella sua attività extra-sindacale? (p. 9). È questa la cifra dell’azione di Santi, un riformismo forte lontano dal massimalismo come dalla cultura della governabilità a tutti i costi. Per il suo spirito critico, Santi è stato spesso scomodo anche per i suoi compagni. Già segretario della FGS degli unitari, nel ’22 è con Matteotti e Turati. Collabora con il primo gruppo clandestino dell’antifascismo milanese non comunista; fino al ’36 è controllato dalla polizia. Nel ’43 viene arrestato, dopo la caduta della Repubblica della Val d’Ossola ripara in Svizzera e rientra in Italia poco prima della Liberazione. Nel ’48 si impegna con Lombardi, Jacometti e Foa in ?Riscossa socialista?, che vince il congresso di Genova e anticipa l’autonomismo nenniano senza aderire alla linea di Saragat. Nei primi anni ’50 ?per disciplina di partito e per non indebolire il fronte sindacale [?] rinuncia a opporsi frontalmente alla rigida politica del Fronte? (p. 108), anche perché convinto di una sostanziale omogeneità di interessi tra PSI e PCI. Aperto al dialogo con la DC, nel ’63 si schiera con Lombardi e la sinistra autonomista di Giolitti e Brodolini nel chiedere garanzie sull’elaborazione e l’attuazione del programma di governo. Critico della linea politica di Nenni, si oppone all’unificazione del ’66 denunciandone i limiti e anticipando il problema della ?questione morale? di fronte ai primi segnali di degrado della politica. Nella CGIL, dopo essere stato segretario della CdL di Milano nel ’45, è al vertice della componente socialista dal ’47. Lavora in sintonia con Di Vittorio e, dopo aver tentato di evitare la scissione, nel ’49 contribuisce all’elaborazione del Piano del lavoro. È tra coloro che si battono con convinzione per rinnovare il ruolo del sindacato e lotta per renderlo soggetto autonomo e non cinghia di trasmissione. Appoggia la contrattazione articolata, rimane ai vertici della CGIL fino al ’65, difende la programmazione economica, si adopera perché il sindacato social-comunista rimanga unito anche dopo la scissione del PSIUP, dialoga con le componenti più radicali del mondo cattolico (le ACLI e la FIM) nella speranza di creare le condizioni per l’unità sindacale. Le relazioni di Bartocci, Boni, Fornaro, Rapelli e le testimonianze contenute nella parte finale del volume, tra cui spiccano quelle di Trentin, Foa, Gabaglio e Ghezzi, si riferiscono a un convegno su Santi organizzato nel 2004. La chiusura del libro è affidata al Ricordo di Fernando Santi pubblicato da Parri all’indomani della scomparsa dell’amico, conosciuto nel lontano 1925.

Andrea Ricciardi