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Francesco Sirleto – Quadraro: una storia esemplare. Le vite e le lotte dei lavoratori edili di un quartiere periferico romano – 2006

Francesco Sirleto
Prefazione di Walter Veltroni, Roma, Ediesse, 196 pp., euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il Quadraro, quartiere di Roma oggetto di questa storia a più voci coordinata da Francesco Sirleto, viene considerato interessante soprattutto da tre punti di vista: in quanto «borgata » sorta nei primi decenni del Novecento lungo la via Tuscolana, per ospitare una presenza massiccia di lavoratori dell’edilizia impegnati nei cantieri della capitale; per il ruolo svolto dal quartiere all’interno della Resistenza romana, che culmina nel rastrellamento operato dai nazisti il 17 aprile 1944; per il ruolo del quartiere nella storia delle «lotte per la casa» della Roma del secondo dopoguerra, fino alla demolizione nel 1974 della «borgata» abusiva dell’acquedotto Felice. Queste storie vengono condensate in un saggio compatto (circa 80 pagine) collocato in apertura del volume e accompagnato da materiali che si concentrano sulla storia del Quadraro negli anni dell’occupazione tedesca: gli atti di un convegno sul tema organizzato a Roma nel 2005 e un DVD, dal titolo Quadraro 17 aprile 1944: rastrellamento e deportazione, realizzato con gli studenti del Liceo classico «Benedetto da Norcia» di Roma, dove lo stesso Sirleto insegna lettere e filosofia. L’identità del Quadraro che queste pagine inseguono è un’identità tutta politica: i punti culminanti del racconto sono quelli in cui l’esperienza degli abitanti del quartiere sembra tradursi in una consapevolezza comune e in forme d’azione collettiva, come in occasione delle azioni di resistenza all’occupazione nazista del 1943-44 e delle proteste sulla condizione abitativa del 1971-74. La storia del Quadraro come comunità locale sembra così, paradossalmente, potersi costruire solo dall’esterno: di volta in volta come capitolo di una storia generale dell’industria edilizia romana, di una storia delle formazioni partigiane alla periferia della capitale, di una storia dell’abusivismo edilizio e del conflitto intorno alle questioni della casa. Rimangono sullo sfondo, anche per la sostanziale mancanza di un lavoro di scavo condotto sulle fonti (il saggio di Sirleto deve essere piuttosto considerato un’opera di sintesi costruita a partire da materiali già pubblicati), questioni che avrebbero permesso di costruire l’oggetto dello studio in modo più complesso. Quali popolazioni hanno abitato il luogo nel corso del Novecento, con quali forme di convivenza, di conflitto, di mediazione? Come sono cambiati i confini e gli equilibri di questa parte di periferia esterna alle mura aureliane, toccata tra l’altro dalla costruzione di importanti quartieri di edilizia pubblica (Tuscolano 2 e 3) e dalla linea A della metropolitana? Colpisce soprattutto una certa disattenzione rispetto alla storia fisica degli insediamenti: in un quartiere che viene presentato come largamente autocostruito e abitato da operai del settore edile, non dovrebbero essere proprio gli edifici a rappresentare una fonte primaria in grado di fornire qualche indizio sulla cultura materiale di coloro che questo territorio hanno nel tempo trasformato e fatto proprio?

Filippo De Pieri