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Franco Martinelli – ?Breve sogno?. Gli ultimi della Decima Mas. Storie di vita 1943-1945 – 2005

Franco Martinelli
Napoli, Liguori, pp. 153, euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2005

Dalla seconda metà degli anni ’90 si sono infittite, presso l’editore Mursia in particolare, ma anche presso Lo Scarabeo a partire dal 2000, ricostruzioni e memorie di appartenenti alla Decima Mas, la formazione della Repubblica sociale italiana comandata dal principe Junio Valerio Borghese. Vale a dire che le vicende della Decima Mas narrate dai protagonisti sono uscite, da oltre dieci anni, dall’alveo clandestino o semiclandestino dei circuiti ?repubblichini? o fascisti o dei cenacoli e associazioni d’arma. Manca ancora tuttavia, se si esclude il lavoro sempre documentato di Ricciotti Lazzero (La Decima Mas, 1984), un’opera storica di sintesi su quella vicenda intorno alla quale si è tentato di creare una sorta di mito che la storia ? appunto ? dovrebbe ?svelare’.
?Breve sogno? di Franco Martinelli non colma questa lacuna né se lo propone. Riunisce nove testimonianze di protagonisti di quella formazione (nell’ordine: Mario Arillo, Sergio Nesi, Mario Bordogna, Luigi Capurro, Piero Calamai, Mario Sannucci, Ofrodisio Sconocchia, Piero Vivarelli, Ugo Franzolin), raccolte tutte ? eccetto una ? dall’autore fra il 1995 e il 2002. Tranne Sconocchia, che narra la naturalità dell’impiego nei rastrellamenti antipartigiani, gli altri ripresentano quello che si può definire il mito all’interno del mito della Decima, la battaglia contro l’invasore anglo-americano e non contro la Resistenza che, se può valere per gli inizi e per alcuni, non può valere per il periodo successivo e per tutti. A questo mito sembra aderire anche l’autore non inserendo una qualche nota né fornendo dati sulla repressione antipartigiana e contro la popolazione civile, mentre su altre questioni interviene e produce documenti d’archivio. La rappresaglia di Valmozzola viene persino sminuita quasi facendo propria l’autodifesa di Borghese al suo processo nel dopoguerra (pp. 143-145).
Che una formazione sorta per la guerra contro gli anglo-americani si sia data anche alla guerra civile (e fin dai primi mesi, come comprova la documentazione interna alla RSI conservata all’Archivio centrale dello Stato) non può non porre alcune questioni all’analista. Per esempio, riguardo alle concezioni dell’onore e della patria, mentre si ha l’impressione che l’idea di patria propria dei testimoni si travasi ? nella sostanza identica ? nell’analista.
Sarebbero poi necessarie alcune puntualizzazioni: riguardo, per esempio, al numero dei combattenti (anziché 9.000, il loro numero non dovette superare i 4.500) o alla benedizione da parte del pontefice (p. 18) di cui si dovrebbe reperire la documentazione originale.
Ma è una certa cultura militare che andrebbe soprattutto approfondita inserendo nel campo di indagine le concezioni del maschile e del femminile. Se l’immagine della morte attiene a quel modello maschile (un teschio con la rosa fra i denti era l’emblema della Decima), le donne sembrano essere guardate dai testimoni, dopo oltre cinquant’anni dalla fine della guerra, esclusivamente sotto la doppia lente della santa (l’ausiliaria) o della donna di piacere (pp. 82, 92, 103, 104, 108). Senza dubbio questa cultura non nasce l’8 settembre 1943 né il 28 ottobre 1922, ma si avverte la necessità di comprendere quanto il fascismo ? movimento e regime ? l’abbia incentivata.

Dianella Gagliani