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Frediano Sessi – Nome di battaglia: Diavolo. L’omicidio don Pessina e la persecuzione giudiziaria contro il partigiano Germano Nicolini – 2000

Frediano Sessi
Marsilio, Venezia

Anno di pubblicazione: 2000

Nella tarda serata del 18 giugno 1946, “a meno di due ore dallo scadere degli effetti dell’amnistia Togliatti” (p. 9), Umberto Pessina, parroco di San Martino Piccolo, a pochi chilometri da Correggio, in provincia di Reggio Emilia, venne ucciso da un colpo di pistola. Le indagini, dopo aver girato a vuoto per qualche mese, subirono una improvvisa accelerazione quando Beniamino Socche, vescovo di Reggio Emilia, ottenne che il capitano Pasquale Vesce, comandante una compagnia di carabinieri di Bologna, se ne facesse carico, accettando di seguire le tracce suggerite dallo stesso presule. Il 13 marzo 1947 veniva così arrestato il sindaco di Correggio, comunista ed ex partigiano, Germano Nicolini “Diavolo”: in un primo tempo accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio, poi, di fronte ad un alibi inattaccabile, divenuto mandante. Nonostante la inesistenza di prove (ma soprattutto grazie al clima di guerra fredda scatenatosi nel “triangolo della morte” emiliano), Nicolini venne così condannato e solo nel 1994 la “verità giudiziaria” sul delitto venne stabilita riconoscendo i veri colpevoli. Una verità che, comunque, non era ignota, sin dal 1946, al gruppo dirigente reggiano del Pci e di cui “tutti” a Correggio avevano sentore, se non certezza.
Attraverso l’ampia autobiografia di Nicolini ed i lavori di ricerca condotti da Nadia Caiti, Romeo Guarnieri e Massimo Storchi (oltre che con una attenta lettura degli atti giudiziari), Sessi ricostruisce la complessa battaglia, umana e politica, dell’ex sindaco di Correggio: attento alle vicende del protagonista, alla personale battaglia “per la verità”, al clima della provincia e di quel gruppo di comunisti reggiani “dogmaticamente ancorati alla visione staliniana della rivoluzione” (p. 238). Non solo, quindi, l’impegno anticomunista di monsignor Socche, ma anche la “indifferenza” dei suoi compagni di partito determinarono che Nicolini pagasse per un delitto non commesso. E neppure l’invio di un “commissario” alla testa della Federazione comunista di Reggio (Valdo Magnani) riuscì a sanare una situazione che per lungo tempo si dimostrò non governabile.
La vicenda Nicolini (parallelamente a quella di un altro sindaco reggiano egualmente condannato per un omicidio non commesso: Egidio Baraldi) fu al centro di un acceso dibattito politico dieci anni or sono, ma rappresentò anche l’occasione per un primo approfondimento sui fatti emiliani dell’immediato secondo dopoguerra. La ricostruzione degli elenchi dei “fascisti uccisi” nelle varie province impegnò numerosi ricercatori locali: in gran parte lo sforzo si limitò a tali elenchi nominativi.
Il racconto di Sessi ci riporta ad una definizione delle speranze e dei sogni di quegli anni, ricordando la durezza dello scontro politico (anche interno alla sinistra) e il ridimensionamento – più o meno rapido – delle illusioni di quanti ritenevano possibili radicali modifiche di carattere sociale.

Luciano Casali