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Fulvio De Giorgi – L’istruzione per tutti. Storia della scuola come bene comune – 2010

Fulvio De Giorgi
Brescia, La Scuola, 152 pp., Euro 10,50

Anno di pubblicazione: 2010

Interessante sforzo di tematizzazione e di sintesi quello proposto in questo breve volume, denso di implicazioni etiche e politiche. L’oggetto dell’analisi è costruito in un punto di intersezione; ed entrano in gioco da una parte la storia delle idee pedagogiche, delle politiche scolastiche, degli orientamenti e delle iniziative in campo educativo di alcune importanti organizzazioni internazionali, e dall’altra più generali tendenze economiche, sociali, intellettuali dell’età contemporanea: dalla stagione postbellica del welfare alla svolta neoliberista degli anni ’70, fino alla presente fase di ridefinizione dei processi di globalizzazione da questa alimentati.Su un piano più propriamente storico il profilo tracciato dall’a. si concentra sui decenni che vanno dalla fine del secondo conflitto mondiale ai giorni nostri, e si caratterizza per uno sguardo globale focalizzato soprattutto sul ruolo e sull’azione delle organizzazioni internazionali prodotte dal riassetto mondiale postbellico. E in questo quadro l’a mette in evidenza la «contraddizione, nell’ambito del “sistema ONU”, tra le organizzazioni (WB, IMF, WTO) che hanno sostenuto la commercializzazione dell’istruzione e quelle (UNESCO, UNICEF) che l’hanno avversata» (p. 66). Il recente prevalere di una visione del sistema educativo come servizio – e non come bene pubblico -, privatizzabile, quindi, orientato alla soddisfazione dei clienti ed appiattito sulle loro richieste, concepito come meramente strumentale rispetto alle esigenze del mercato del lavoro ha eroso, nella pratica e forse soprattutto nelle coscienze – non a torto, credo, l’a. parla, a proposito del nuovo ruolo assunto all’Ocse, e di quel programma Pisa per la valutazione dei sistemi scolastici tanto spesso acriticamente menzionato nell’informazione e nel discorso pubblico nostrano, della promozione di un «nuovo “immaginario sociale” (nel senso di una visione sia descrittiva sia prescrittiva) fondato sulla knowledge economy, senza porsi il problema dei valori che così vengono implementati o derubricati» (p. 57), e di processi di «de-coscientizzazione» (p. 56) in atto – la dimensione, legata all’educazione, della cittadinanza e dei suoi diritti.Con tutti i rischi che si corrono provando ad affermare, a caldo, il rilievo storico di quelli che potrebbero rivelarsi solo passaggi di cronaca, l’a. individua nel 2008, fra grande crisi ed elezioni presidenziali statunitensi, un punto di svolta. E in un libro rilevante anche per le numerose indicazioni di lettura che vengono proposte, va notato l’uso largo e in qualche misura speculare di due fonti: i discorsi di insediamento, da Reagan ad Obama, dei presidenti degli Stati Uniti, ed i testi del magistero della Chiesa in campo educativo, da Giovanni XXIII in avanti. Di molte questioni aperte, di dubbi, uno, in conclusione, vorrei esplicitarne. Molto belli alcuni testi del magistero ecclesiastico, appena ricordati. Ma resterà da spiegare come mai tanta parte della gerarchia e del mondo cattolico, in Italia, si sia riconosciuta in governi che hanno lavorato con accanimento ad incrinare la possibilità stessa di una istruzione per tutti.

Mauro Moretti