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Fuochi oltre il ponte. Rivolte e conflitti sociali a Parma (1868-1915)

Margherita Becchetti
Roma, DeriveApprodi, 303 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2013

Le memorie e i miti sono oggetti storici di straordinario interesse, in quanto rimandano alle modalità (mai semplici e lineari) con le quali alcuni fatti del passato si tramandano e riescono a creare culture collettive e sentimenti di identità. È in quest’ottica che Becchetti (dottore di ricerca in Storia, ricercatrice del Centro studi movimenti di Parma e collaboratrice della rivista «Zapruder») ha scelto di occuparsi dell’Oltretorrente di Parma, la zona che si trova al di là del corso d’acqua omonimo, verso Piacenza, e che rappresenta uno dei luoghi simbolo più significativi delle lotte politiche del ’900, in relazione soprattutto ai fatti del 1922, allorché l’Oltretorrente resistette con successo agli assalti dei fascisti guidati da Italo Balbo, ma anche – più in generale – alla fama di essere stata a lungo una inespugnabile roccaforte «rossa».
Lo scopo del libro è quello di ricostruire le radici di questa consolidata immagine, partendo dall’assunto che le sue origini siano molto più antiche di quanto comunemente non si creda e che rimandino a fattori non solo politici. Per fare questo l’a. è andata a ritroso nel tempo e si è concentrata sul primo cinquantennio postunitario, operando su due piani tra loro complementari (e dispiace che il sottotitolo richiami solo il secondo). Per un verso, nel primo capitolo, ha affrontato le caratteristiche strutturali dell’Oltretorrente, ricostruendone le origini storiche e le ragioni per cui si sviluppò secondo dinamiche diverse da quelle esistenti «di là dell’acqua», come un agglomerato disordinato di case e di vicoli destinato all’insediamento dei gruppi sociali più poveri e meno integrati nel tessuto urbano, e progressivamente degradatosi, per quanto riguardava le condizioni abitative e igieniche, nonché la diffusione di varie forme di devianza sociale. Per l’altro, nei capitoli seguenti, ha invece analizzato il fenomeno per cui la realtà sociale dell’Oltretorrente si intrecciò con l’attività e con le culture politiche dei vari gruppi «sovversivi», dando vita in più occasioni a rivolte e a scontri cruenti con le forze dell’ordine: dai moti del gennaio 1869 contro la tassa sul macinato sino alle «radiose giornate» del maggio 1915, passando per la crisi di fine ’800 e l’età giolittiana (soprattutto il famoso sciopero a guida sindacalista rivoluzionaria del 1908).
Nel complesso ne risulta un’opera di grande interesse, realizzata sulla base di un’indagine accuratissima tra le fonti primarie (soprattutto la stampa dell’epoca e le carte di polizia) e che non indulge affatto alle immagini più stereotipate. Rimangono invece sullo sfondo alcune questioni di carattere più generale, che pure suscitano un certo interesse: come sia stato possibile, ad esempio, che nel maggio del ’15 i lavoratori dei borghi, fedeli ai loro leader sindacalisti, scendessero in piazza insieme agli studenti nazionalisti e alla buona borghesia cittadina, cioè ai loro nemici di sempre. A cento anni di distanza, questo paradosso ancora non lo sappiamo spiegare, e la memoria dell’Oltretorrente, evidentemente, non ci aiuta granché.

Marco Scavino