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Gabriella Seveso – Come ombre leggere. Gesti, spazi, silenzi nella storia dell’educazione delle bambine – 2001

Gabriella Seveso
Milano, Unicopli, pp. 144, euro 9,30

Anno di pubblicazione: 2001

Il libro vorrebbe essere un’agile sintesi della storia dell’educazione delle bambine dall’antichità a oggi: una rapida carrellata sui secoli più lontani, ed un capitolo ciascuno all’Ottocento e al Novecento. Agile lo è senz’altro, e talvolta divertenti i riferimenti alle bambine nel cinema e nella letteratura, ma il risultato del lavoro più propriamente storico è deludente.
Ovviamente, la sintesi è un’opera di seconda mano, ma proprio per questo le fonti sono particolarmente importanti: qui sono altre sintesi ? alcune buone, come la Storia delle donne di Duby-Perrot, altre meno, come delle opere collettanee a cura di Simonetta Ulivieri ? e l’autrice, una studiosa di Storia della pedagogia, non prende mai in considerazione studi specifici. Il sospetto è però che non li prenda in considerazione perché quasi sempre metterebbero in discussione il suo asse interpretativo: che le donne cioè sono sempre state oppresse, tenute nell’ignoranza e con il corpo costretto nei falpalà. Le differenze relative alle classi sociali sono nebulose o neppure affrontate, l’autrice si limita in realtà a confrontare il modello di donna emancipata di oggi con il passato, e denuncia con orrore le differenze. Ignora quindi tutti quegli studi di storia delle donne che hanno saputo mettere in luce le possibilità di evadere dai modelli ufficiali che le donne ? bambine comprese ? hanno sempre trovato e messo in atto. Ignora che molti Libri di famiglia sono stati scritti da donne, che ricerche sulla lettura in età moderna provano che le donne leggevano più degli uomini, che i ?saperi? trasmessi oralmente alle bambine non erano solo informazioni sul parto, ma conoscenze mediche, di cucito e ricamo, di preparazione e conservazioni dei cibi, di leggende e di canzoni. Sottovaluta la cultura femminile elaborata nei monasteri (dove molte bambine venivano educate) sulla quale ci sono ormai ottimi studi, ignora completamente l’importante ruolo emancipatorio svolto dalle congregazioni femminili di vita attiva per l’educazione femminile. In generale, non considera la cultura religiosa come una forma di cultura. Mancano quasi sempre date precise, numeri (per l’età contemporanea ci sarebbero), notizie certe sui programmi e le materie.
Persino la nascita di una nuova figura professionale femminile come la maestra, tanto importante per la storia della trasmissione della cultura in Italia e per l’emancipazione femminile, è raccontata superficialmente e con tono lamentoso. Ogni tanto, qualche frase di denuncia contro la cultura occidentale, che riserva alle bambine ?un modello pedagogico minore, privato e quotidiano? (p. 22). Non si capisce quali siano le culture ? evidentemente più ?femministe? ? con cui confronta la cultura occidentale: laccenno a situazioni diverse è la citazione di un viaggiatore del primo Settecento che avrebbe scoperto una società matriarcale presso gli irochesi. Il fatto che solo in Occidente si sia realizzato un processo di emancipazione femminile non ha evidentemente mai fatto riflettere l’autrice.

Lucetta Scaraffia