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Geoff Andrews – Slow Food. Una storia tra politica e piacere – 2010

Geoff Andrews
Bologna, il Mulino, 222 pp., € 15,00 (ed. or. London, 2008)

Anno di pubblicazione: 2010

Slow Food ormai è un nome ben noto. Fondato nel 1984 da Carlo Petrini, nella sua Bra, una cittadina delle Langhe dei grandi vini, si diffuse rapidamente nell’Italia centro-settentrionale. Petrini, dopo un’esperienza politica nella sinistra, evidentemente dotato di notevoli qualità organizzative oltre che di idee originali e di senso pubblicitario, in origine affiliò l’associazione all’Arci, col nome di Arcigola, e il Manifesto di Slow Food, redatto da Folco Portinari, fu pubblicato sul supplemento «Gambero Rosso» del giornale «il Manifesto». Diretta risposta a fast food, Arcigola si propose sia come esperienza gastronomica conviviale di prodotti artigianali, sia come educazione sensoriale dei consumatori, anche formalmente in corsi (con rilascio di diplomi) e poi addirittura creando una Università di scienze gastronomiche. Suppongo che il cambio del nome da Arcigola a Slow Food rifletta il successo della sua esportazione ad altri paesi. Petrini allargò l’orizzonte in un secondo momento ad una «globalizzazione virtuosa», contro l’industrializzazione dell’agricoltura nel Terzo Mondo (ed anche in paesi ex comunisti, come la Romania), con una politica attiva in difesa della biodiversità, attraverso forme pratiche di sostegno dei produttori locali dei paesi del mondo.Andrews, giornalista inglese, è un fan incondizionato di Petrini, che paragona a William Morris. Il suo libro offre molte informazioni sulla seconda fase di Slow Food. Incoraggiato dalla sede di Bra a visitare i responsabili in Svizzera, Germania, Romania, Polonia, e le Americhe, rende chiari i problemi organizzativi che risultano dal forte accentramento della sede. Al di là dell’apprezzamento del principe Charles e di altri riferimenti meno chiari a chi non conosce l’Inghilterra, un limite del libro è la scarsa informazione su Slow Food in Italia, nonostante che metà dei 100.000 soci siano italiani. Senza dubbio Petrini è riuscito a dare un peso politico a Slow Food, in particolare riguardo alle politiche uniformanti della Commissione europea.Per chi fosse interessato al suo ruolo in questa epoca di capitalismo post-industriale di pratiche omogeneizzanti, più istruttivo è l’articolo di una etnologa australiana sugli operai del marmo carrarese: Slow Food and the politics of pork fat: Italian food and European identity, in «Ethnos», 68, n. 4 (2003). Alison Leitch giustamente colloca la campagna di Petrini in difesa di «endangered foods» tra quelle dei movimenti in difesa di specie, ambienti e popoli.

Stuart Woolf